Visualizzazione post con etichetta letteratura - articoli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta letteratura - articoli. Mostra tutti i post

martedì 10 giugno 2008

Vecchie storie

Qualche anno fa scoprii di nutrire un certo interesse nei confronti della letteratura russa e mi avvicinai a Dostoevskij. La prima opera che lessi fu un romanzo breve intitolato "Le notti bianche". Di recente ho dato una sistemata ad alcuni dei libri che ho in casa e, tra gli altri, c'era anche lui. L'ho preso e ne ho sfogliato alcune pagine, ho riletto alcune frasi, e mi sono tornate alla mente le sensazioni che provai all'epoca della sua lettura.

La storia parla di un giovane "sognatore" (personaggio particolarmente caro a Dostoevskij e che per tutto il romanzo resta senza nome) che durante le cosidette notti bianche (che in seguito scoprii essere chiamate così perchè il sole in quel periodo dell'anno tramonta dopo le 22), in una Pietroburgo deserta, incontra una ragazza, Nasten'ka, che aspetta da ormai quasi un anno il ritorno del fidanzato.
L'intera vicenda è racchiusa in quattro intense notti in cui i ragazzi si avvicinano, imparano a conoscersi, in cui lui arriva persino ad innamorarsi e a sperare che quella fanciulla possa strapparlo alla sua vita spenta e ai suoi sogni evanescenti. La città disabitata diventa l'immenso palcoscenico di una storia d'amore delicata, tenera, sublimata. Una panchina unisce i giovani... e la stessa panchina li separa la quarta notte, quando Nasten'ka racconta con gioia al ragazzo del ritorno del suo fidanzato. Un'altro sogno infranto, un nuovo brusco risveglio per chi ha creduto di aver incontrato la sua anima gemella.

Durante i bei tempi che furono rimasi affascinato da questo racconto, colpito dalla dolce malinconia che l'autore era riuscito a raccontare. Oggi invece credo di averlo compreso in maniera diversa, forse più profonda; sento che nonostante due secoli di differenza il protagonista ed io siamo simili... tutta la vicenda richiama alla mente storie vissute, piccole gioie, dolori che increspano il cuore, appena nascosti sotto la sottile superficie della normalità di facciata.

Penso all'amore, a quanto è bello e misterioso e doloroso, a quanti lo hanno raccontato e in quanti modi, e soprattutto alla fortuna di chi può dire di averlo incontrato e riconosciuto.

giovedì 29 maggio 2008

Letture...

"Qualche volta una specie di gloria illumina lo spirito di un uomo. Succede quasi a tutti. Lo si può sentir venire su o prepararsi come il detonatore che sta per dar fuoco alla dinamite. E' un sentimento nello stomaco, un piacere dei nervi, degli avambracci. La pelle gusta l'aria e ogni respiro profondo è dolce. I suoi inizi danno il piacere di un bello sbadiglio aperto; balena nel cervello e tutto il mondo se ne accende davanti agli occhi. Uno può aver vissuto tutta la vita nel grigiore, e la sua terra e i suoi alberi possono essere cupi e bui. Gli avvenimenti, anche quelli importanti, possono esserglisi affollati intorno pallidi e senza volto. E poi la gloria, e un canto di grillo gli accarezza le orecchie, l'odore della terra gli sale osannante alle narici, e la luce variegata sotto un albero gli allieta gli occhi. Allora l'uomo si riversa all'esterno, come un torrente, eppure non sminuisce se stesso. E io credo che l'importanza di un uomo nel mondo possa esser misurata dalla qualità e dal numero delle sue glorie. E' qualcosa di solitario ma ci mette in rapporto col mondo. E' madre di ogni creatività, e separa ogni uomo dagli altri.
Non so come sarà negli anni che verranno. Nel mondo si stanno verificando cambiamenti mostruosi, ci sono forze che plasmano un futuro di cui non conosciamo il volto. Alcune di queste forze ci sembrano cattive, forse non in sè stesse, ma perchè la loro tendenza è di eliminare altre cose che per noi sono buone. E' vero che due uominoi possono alzare una pietra più grossa che non un uomo solo. Un gruppo di persone può costruire un'automobile più presto e meglio di un uomo solo, e il pane che esce da un grosso stabilimento è più uniforme e a buon mercato. Quando il nostro cibo, e il vestiario e le case dove abitiamo nascono nella complicazione della produzione di massa, un tale metodo è destinato a inserirsi nel nostro modo di pensare e a eliminare ogni altro. Nella nostra epoca la produzione di massa o collettiva ha fatto il suo ingresso nel regno dell'economia, della politica, perfino della religione, e alcune nazioni hanno sostituito l'idea della collettività a quella di Dio. Questo è il pericolo, nella mia epoca. C'è una grande tensione nel mondo, verso un punto di rottura, e gli uomini sono infelici e confusi.
In un'epoca simile, mi sembra naturale e buono pormi queste domande. In che cosa credo? Per che cosa e contro cosa devo combattere?
La nostra specie è la sola specie creativa, e ha un solo strumento creativo, la mente e lo spirito individuale dell'uomo. Niente è mai stato creato da due uomini. Non ci sono buone collaborazioni, sia in musica sia in arte, o in poesia, in matematica, in filosofia. Una volta che abbia avuto luogo il miracolo della creazione, il gruppo può edificare ed estendere, ma il gruppo non inventa mai nulla. La cosa preziosa giace nello spirito individuale dell'uomo.
E ora le forze spiegate intorno al concetto di gruppo hanno dichiarato una guerra di sterminazione alla cosa preziosa, allo spirito dell'uomo. Per mezzo di diffamazioni, affamandolo, con le repressioni, la direzione forzata e i possenti colpi di martello del condizionamento, lo spirito libero e vagabondo è continuamente inseguito, impastoiato, attutito, narcotizzato. La nostra specie sembra essersi messa sulla triste via del suicidio.
E io credo in questo: che lo spirito individuale liberamente esplorante sia la cosa più preziosa del mondo. E' per questo che io vorrei combattere: la libertà per lo spirito di prendere, senza costrizioni, la direzione che desidera. E contro questo io devo lottare: ogni idea, religione o governo che limita o distrugge l'individuo. Questo è ciò che sono e per questo io sono. Io posso capire perché un sistema costruito in base a un modello debba cercare di distruggere lo spirito libero, perché quello è una cosa che per sola forza di analisi può distruggere quel sistema stesso. Lo capisco benissimo, e mi ribello a questo e lotterò per difendere e conservare la sola cosa che ci differenzia dagli animali che non creano. Se la gloria può essere uccisa, allora siamo perduti."


(John Steinbeck - "La valle dell'Eden")

venerdì 21 dicembre 2007

Favole senza happy ending

C'era una volta un ragazzo, aveva la sua vita, i suoi amici, era simpatico, un po' timido ma molto gentile. Gli piaceva stare in compagnia, chiacchierare, a volte sentirlo parlare era un piacere. Amava alla follia un oggetto sferico che alcuni chiamano "pallone", non riusciva a fare a meno di prenderlo a calci e quando qualcuno lo invitava a giocare il suo volto si illuminava.

Un giorno però quel ragazzo, che per comodità chiameremo V., si svegliò con la sensazione che gli mancasse qualcosa, cha la sua serenità, la tranquillità che aveva cercato di costruire attorno a sé, non fosse completa. Sentiva la spinta verso un qualcosa -un qualcuno- che non riusciva a identificare.

Intraprese dunque una lunga ricerca, attraversò posti tanto familiari da poterli chiamare casa, paesi esotici abitati da strani popoli di cui spesso non riusciva a capire lingua e usanze, splendide terre baciate dal sole e da acque limpidissime, boschi fitti come frontiere invalicabili per la città, senza tuttavia trovare ciò cui agognava.

Ogni volta che credeva di essere vicino alla meta del suoo lungo peregrinare scopriva di essersi sbagliato, di aver raggiunto non il traguardo, bensì un nuovo punto di partenza, tanto che ormai disperava che la sua ricerca sarebbe stata mai coronata dal successo.

In preda allo sconforto, in una notte che forse a causa di un malefico incantesimo gli sembrava infinatamente lunga e incommensurabilmente dolorosa, chiese consiglio ad una strana vecchina. Alcuni abitanti del villaggio in cui si era fermato a riposare dicevano avesse le risposte a tutte le domande, così V. le si avvicinò timoroso quanto speranzoso e, cercando di raccogliere tutto il coraggio che aveva, l'apostrofò così: "buonasera cara signora, mi dispiace disturbarla. So che l'ora è ormai tarda ma troppi dubbi affollano la mia mente e non riesco a dormire. Mi hanno detto che lei è la persona più saggia del reame e, se questo è vero, la prego di perdonare la mia insolenza ma avrei delle domande da farle". La veneranda donna rivolse gli occhi scuri e profondi verso V., il suo viso era solcato dalle rughe ma quegli occhi erano penetranti più di lame affilate, e nonostante ciò dolci come quelli di una madre davanti al proprio figlio, e parlò: "bel giovanotto, che non riesci a dormire lo vedo, siamo noi vecchi di solito a vegliare sul mondo la notte, per riconsegnarlo a chi ha ancora tutto da vedere alle prime luci dell'alba. Invece tu sei qui davanti a me... e mi parli... non sei un sogno, vero?...".

"Credo proprio di no" 
le rispose perplesso V., iniziando a domandarsi se aveva fatto bene ad affidare un problema così importante alle cure di una nonnetta simpatica ma con qualche rotella fuori posto. Al che la donna continuò: "se non sei un sogno devi avere qualcosa che ti turba profondamente, il tuo sguardo è rivolto verso me ma i tuoi occhi e la tua mente sono lontani da qui. Io ne ho viste di cose... so cos'hai... tu stai cercando l'Amore".

V., stupito da quella risposta inattesa, riuscì solo a balbettare parole senza senso, così la vecchietta riprese: "non meravigliarti, come ti ho già detto ho visto molte cose durante la mia lunga vita ed anche se adesso ne parlo col sorriso e un pizzico di nostalgia ricordo bene cosa si prova ad essere giovani, quando si desidera avere accanto una persona che condivida gioie e dolori". Il giovane, ripresosi dallo stupore, riuscì a domandare: "e dove posso trovarlo questo Amore? Vago da un posto all'altro da così tanto tempo e ancora non ho trovato nulla che mi faccia stare meglio!".
"Ragazza mio, l'Amore non si trova, a lui non piace essere cercato, preferisce cogliere la gente alla sprovvista, di sorpresa, perché si nutre di spontaneità. Non puoi vederlo, né sentirlo, ma quando arriverà sta pur certo che te ne accorgerai", e così dicendo l'anziana signora si voltò e si incamminò verso casa, illuminata dal tenue chiarore del giorno nascente.

V., senza parole, rimase lì dove l'aveva lasciato la donna a lungo, ripensando a quelle parole. Non riusciva a comprenderle pienamente ma sentiva che erano vere, che tutto quel girovagare era inutile, così decise di tornare a casa. Mentre era sulla via del ritorno si imbatté in alcuni amici che non vedeva da tempo e si fermò a salutarli, felice di quell'incontro inaspettato. Insieme a loro c'era una bellissima fanciulla (il cui nome taceremo... il sentimento va tutelato, rispettato, protetto!), aveva forse qualche anno meno del nostro V. il quale, non appena incrociò il suo sguardo, provò una strana sensazione di disagio che non riusciva a spiegarsi.

Preso in disparte uno degli amici V. gli chiese: "senti un po', chi è lo splendido fiore che vi si accompagna?". "Bella eh?" rispose l'amico dandogli di gomito "è la figlia di un importante signore di una città vicina, come sai il buon P. è nato lì, la conosce da quando era una bimbetta e ha deciso di portarla qui per farle vedere il posto in cui viviamo. Sai, se dovesse piacerle potrebbe anche trasferirsi qui!".
"Spero proprio che succeda" pensò tra sé e sé V., e dopo essersi accomiatato raggiunse finalmente la sua dimora e il letto che lo aveva atteso invano tutta la notte.

Tuttavia non gli riusciva di prendere sonno, ripensava a quegli occhi, e al brivido che aveva sentito quando li aveva fissati, solo un attimo, possibile che fosse quello l'Amore di cui parlava la vecchia?
Il destino volle che effettivamente la fanciulla decidesse di trasferirsi nella città di V. e per giunta non lontano dalla sua casa. I due iniziarono a vedersi spesso, diventarono amici, parlarono a lungo di così tante cose, scoprirono di non essere poi tanto diversi uno dall'altra.
V. ormai lo sapeva, quello che aveva solo intuito era la verità, si era innamorato di quella ragazza fino a pochi giorni prima sconosciuta; non sentiva più il desiderio di ricerca, la mancanza di qualcosa -qualcuno-, aveva solo voglia di trascorrere il suo tempo con lei. 

Per un po' di tempo tutto andò bene, i due giovani erano felici e la gente del villaggio sorrideva della loro contentezza pensando "sono proprio una bella coppia!". Ma le cose più belle e delicate sono anche le più facili da rompere e presto la ragazza decise di tornare alla sua terra natia, lasciando il povero V. triste e solo, di nuovo afflitto da un senso di mancanza ancora più forte di prima. Era stato abbandonato e non riusciva a darsi pace, così decise di tornare a parlare con la nonnina.

Era trascorso un anno dal loro primo incontro ma la ritrovò esattamente dove ricordava, lungo la stessa strada, e la cosa non lo stupì minimamente. "Ciao giovanotto, come stai?" esordì la donna, e prima che V. potesse rispondere continuò "lascia stare, la mia domanda è del tutto superflua, lo vedo benissimo. A quanto pare alla fine hai trovato quello che cercavi, sono contenta per te". Mentre pronunciava queste parole aveva un sorriso comprensivo sul volto. Il nostro giovane allora le urlò: "mi chiedi come sto? Certo non bene! Ho cercato l'Amore perché credevo mi avrebbe fatto star bene e invece guarda, sto peggio di prima!!!". La vecchietta, senza smettere di sorridere, gli rispose: "vedo, vedo. Te lo si legge negli occhi, sei stato innamorato e abbandonato... ma non l'hai ancora dimenticata, è per questo che soffri così tanto. Dici che l'Amore ti ha fatto stare peggio? Pensa ai bei momenti che avete trascorso insieme, anche allora stavi male? Ciò che ti fa star male è la sua assenza, ti comprendo, ma vedrai che col tempo il dolore passerà. L'Amore invece, quello non passerà mai, lei sarà parte di te per sempre, non credi che sia il dono più grande che si possa fare a una persona?".

Queste parole avevano calmato V. "La nonnina ha ragione" pensava, e questa idea gli era di grande conforto. Spesso però la sera, quando tutto attorno era solo silenzio, pensava all'Amore che aveva perduto e allora si sentiva invadere dalla tristezza per gli errori commessi. Qualche volta aveva preteso troppo e, anche se senza volerlo, aveva ferito la sua amata fanciulla.


ERRATA CORRIGE
-------------------------
Il protagonista di questa storia non è mai stato il Principe Azzurro, anche se avrebbe desiderato esserlo.
Non sempre quel che inizia con "C'era una volta..." finisce con "...e vissero tutti felici e contenti", anche se lo desideri più di ogni altra cosa al mondo.
Non è così semplice darsi per vinti quando la puntata che hai messo in gioco è più alta di quanto tu possa coprire.

martedì 25 settembre 2007

4000+

Più di 4000 visite... no, dico, ma ci pensate? In realtà non penso che siano un granché però attraverso questo dato sono stato spinto a fare una considerazione: ormai questo blog sta su da un bel po' di tempo.
E pensare che all'inizio era nato più come un gioco, un esercizio di stile per una persona a cui scrivere è sempre piaciuto, un gradevole passatempo e null'altro.
Invece col tempo ha preso ad assomigliarmi sempre più, ad assorbire pezzi di me, a manifestare gli stati d'animo che non sono mai stato bravo ad esprimere a parole. Ho stretto un legame forte con "la mia creatura" ed il più delle volte essa è diventata confidente, laddove mi sentivo schiacciato da forze fuori dal mio controllo, e con lei tutte le persone che decidevano di leggere e magari lasciare un consiglio o un pensiero.
Alcuni pezzi importanti di me, filtrati dalla ricerca di un manierismo di stile che non riesco proprio ad evitare, sono venuti fuori su queste pagine nel momento in cui sentivo di non poterli più tenere dentro e se le mie parole sono servite a qualcuno, o anche se più semplicemente hanno smosso qualcosa, io sono contento.
Ciononostante resta l'amaro per qualcosa che non avrei mai creduto possibile: nel corso del tempo a questo blog hanno avuto accesso sconosciuti che lo trovavano per caso e persone che ritenevo massimamente degne delle mie stima e fiducia; proprio questi ultimi mi hanno deluso, tanto. Le parole sono state strumentalizzate così spesso che ho pensato anche di chiudere tutto... purtroppo (o per fortuna) non ci riesco. Nonostante comportamenti indegni di un essere umano non la darò vinta a nessuno perché non credo sia giusto smettere di fare quel che mi piace per le oscure macchinazioni di chi non ha una vita sua e si riempie di quella degli altri.
Questo blog è MIO, tutto quello che c'è dentro è MIO, frutto della MIA testa, visto dalla MIA prospettiva! Ho scelto di condividerlo con voi perché mi piace il confronto, sicuramente perché sono un narciso, ma non mi sta bene se chi viene qui ha il solo scopo di sconvolgere la vita mia e delle persone a cui voglio bene.

Bene, ora penso di dover solo salutare, nella speranza che questo spaccato della mia anima possa vivere ancora a lungo... grazie a chiunque ha letto senza malizia, con curiosità, grazie a chi ha sopportato sproloqui e paranoie, grazie a chi non ha giudicato senza averne i mezzi, grazie a chi non si nasconde dietro un "utente anonimo"....

domenica 27 maggio 2007

Casinò... o casìno?

"E non soltanto più tardi, ma già in quel momento stesso, mentre stavo ancora giocando, sentivo tutta la profondità di quel simbolo, vedevo nel giuoco l'immagine della vita, dove le cose vanno allo stesso modo, dove un'imperscriutabile irrazionale intuizione ci dà in mano i più potenti incantesimi, scatena le più grandi energie, dove, all'indebolirsi dei buoni istinti, si insinuano la critica e la ragione, che per un po' di tempo si destreggiano e oppongono resistenza, finchè in ultimo succede quel che deve succedere, senza che noi c'entriamo affatto, sopra la nostra testa."
(Herman Hesse, La Cura)

Ma allora la vita è un gioco e come tale devi prenderla, senza programmarla, organizzarla, progettarla, senza illuderti di  poterla  capire, perchè se inizi a riflettere sui motivi per cui succede quello che succede sei già stato sconfitto, e niente potrà restituirti quello che ti è stato tolto senza che neppure te ne rendessi conto.
(RuB, Un ex foglio bianco come tanti altri)



P.S. lo so che Hesse è più bravo, ma è competendo con i grandi che ci si migliora (e comunque bugia, non sono in competizione con Hesse, ci manca solo questo!!! )

domenica 18 febbraio 2007

Frammenti di Questo Amore

[...]
Questo amore che impauriva gli altri
Che li faceva parlare
Che li faceva impallidire
Questo amore spiato
Perchè noi lo spiavamo
Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Perchè noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Questo amore tutto intero
Ancora così vivo
E tutto soleggiato
E' tuo
E' mio

[...]

                                                                                                                              
                                                                                                                                (Jaques Prevert)


venerdì 30 giugno 2006

La notte viva

"Mi sveglio madido di sudore. Scure ombre minacciose e senza forma mi avvolgono. Incubi mi tormentano ogni notte, volti sconosciuti contorti in urla disperate di dolore invocano il mio nome,  messaggi in bottiglie che non approderanno mai a spiagge sicure, che nessuno leggerà mai.


Inutile tornare a letto, non prenderò sonno, mi spaventa la sola idea di chiudere gli occhi, e poi ho bisogno di bere qualcosa per ritrovare il contatto con la realtà. A piedi nudi mi dirigo verso la cucina… gola secca, acqua la percorre donandomi sollievo, avrei bisogno di qualcosa di forte ma sono stati giorni frenetici e il frigo è desolatamente vuoto. Accendo l’ennesima sigaretta della giornata e mi fermo a ripensare agli avvenimenti cui ho assistito negli ultimi giorni…"



Ho scritto queste poche righe di getto, preso da un'idea che mi ha sfiorato, illuso e poi è sparita... spero di riuscire a riacciuffarla prima o poi, so solo che era una gran bella idea, una storia che meritava di essere raccontata. Basta, ho deciso, da oggi in poi dormirò con il mio fido bloc-notes sul comodino accanto al letto (quindi dovrò smobilitare i libri che lo ingombrano ora); visto che le idee migliori mi vengono di notte (e soprattutto visto che la mia memoria è delicata come un castello di carte durante un terremoto) almeno così facendo me le segno appena spuntano e non sono più costretto a sbattere la testa contro il muro nel tentativo di mettere ordine nei miei pensieri...