Visualizzazione post con etichetta malinconia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta malinconia. Mostra tutti i post

giovedì 12 marzo 2009

Quando a non parlare con la gente inizi a pensare di essere pazzo

Ciao blog, come stai?
Certo che è da un bel po' che non ci si sente. Cosa hai fatto in tutto questo tempo? Te la sei spassata? Ti sei fatto leggere da mille persone? Da cento? Almeno da dieci, dai... no??? Scusami ma non riesco a crederti, sei un tipo così interessante! E poi sobrio, elegante. Ho visto che non hai più immagini nell'intestazione, hai ragione, questi siti di hosting non sono affidabili, una paio di mesi e ti cancellano tutto ma tu non ci pensare, troveremo un altro sistema e magari una nuova copertina.

Come sto io? Bene credo. In effetti è parecchio che non faccio un giro da queste parti, hai ragione, avrei dovuto farmi vivo ma non me la sentivo e se proprio vuoi saperla tutta non so neppure il perché. Eppure abbiamo sempre avuto un bel rapporto. Sai, forse il problema è che ti ho raccontato troppo quando tutto era troppo intenso e ora che mi sento... come dire... svuotato, mi sembrava così banale tornare e parlarti del tempo, o della crisi, o magari di qualche partita di calcio. Io e te siamo abituati a conversazioni molto più profonde e non volevo sminuirti.

Però è da un po' di tempo che mi sento pensieroso, le solite cose, lo sai. Troppo spesso mi capita di avere un approccio anche eccessivamente cerebrale a quel che mi succede e questo è il risultato. Credo che il problema sia che ho tagliato i ponti con buona parte delle persone che mi stanno attorno e più mi comporto così più mi rendo conto di non avere voglia di comportarmi diversamente.

Non parlo di me, non più. Farlo significherebbe ricominciare ad esporsi ed io non voglio farmi male di nuovo. Non c'è neppure bisogno di dire che tu rappresenti una eccezione, sei forse l'unico con cui sono sempre stato sincero, enigmatico a volte, a volte evasivo ma sincero.

Ti dico qualcosa che so non ti piacerà sentire: mi sforzo di far finta che non sia così, come quando pensi tanto intensamente a qualcosa da convincerti che sia vera, ma al passato ci penso ancora. Immagino dipenda dal mio assurdo modo di essere, da questo continuo sperare che ad ogni minuto, ad ogni secondo che passa le cose possano cambiare. Non sono capace di costringermi a smettere di sperare anche se dovrei.

Così da una parte penso alle sere che sono stato bene e a quelle in cui sembrava tutto sbagliato e inutile e fuori luogo e insensato e dall'altra mi domando ancora perché. C'è di buono che ora riesco a vedere che non sempre sono stato trattato come merito eppure questo non mi consola. Non provo rabbia, questo no, solo una gran tristezza.

Ecco, lo sapevo che avresti disapprovato. Dai, non fare così, le cose cambieranno. E non c'è bisogno di sottolineare che te l'ho detto mille volte senza che poi ci siano stati evidenti rinnovamenti! Facciamo così, prometto di passare un po' più spesso e di iniziare a scavare, che da qualche parte sono sicuro di avere ancora qualche semino di volontà.

martedì 29 luglio 2008

See you soon

Guardarti partire, altro non posso, e sentire il vuoto, perdermici in un goffo tentativo di attraversarlo.
Non ho più direzione e i piedi sono stanchi, da tempo guidano loro la marcia senza sapere dove andare, movimento casuale alla ricerca di cose che non so. Tanta era la foga di trovare che credo di aver perso di vista l'obiettivo.

Verso una lacrima per uno sguardo che si volta. Una lacrima per spalle che si allontanano. Una lacrima per i sogni che muoiono soli, in silenzio. Una lacrima perché che ho desiderato odiarti tanto da non voler rivedere più il viso. Una lacrima perché so di non essere in grado di farlo. Una lacrima perché sei la più bella e la più distante.

Credevo di non avere più lacrime ed invece sento le guance bagnarsi. Credevo che lasciarti andare via sarebbe stato più semplice ed invece continuo a soffrirne...

mercoledì 23 luglio 2008

Mia (agg. possessivo femm.)

Qualche giorno fa ho sentito una canzone alla radio. Sul momento non sono riuscito a riconoscerla, sapevo solo che apparteneva al mio passato, alla mia adolescenza. Ho rivisto un ragazzino con la testa tra le nuvole immaginare il suo futuro, la scuola, il lavoro, l'amore, come in un film.

Tu sei mia .. quando vuoi
ma sei mia, mia
tu vai via … tornerai
perché sei mia
quanto tu non lo sai


Col passare del tempo mi è rinvenuto alla memoria quale fosse il titolo della canzone. Mi ha stranito pensare che sono passati già più di dieci anni. Soprattutto mi ha sorpreso un pensiero, io sono ancora quel ragazzino pieno di speranze, di sogni, di illusioni. Una parte importante di me non è mai cresciuta, continuo a sognare e ad avere fiducia, speranza.
Lo faccio nonostante le delusioni, le botte, le parole che bruciano e aprono ferite che non si rimarginano.
Lo faccio perchè è insito nella mia natura, perchè è il solo modo di vivere che conosco.
Lo faccio per quel ragazzino che è in me... che è la parte migliore di me.

martedì 17 giugno 2008

Musica nelle vene


Negli ultimi giorni ho ascoltato a lungo una canzone. L'ho lasciata entrare, le ho permesso di scorrermi dentro, l'ho sentita mia. E' stata un brivido al centro esatto della schiena la prima volta, lo è ancora ogni volta, ed ora non è più solo una canzone, ora ha un viso e un cuore e un'anima.


Tutto questo vivere
Nascondersi dagli altri,
Che senso ha?



Ha voglia di vederla ma si chiede se sia il caso. Pensa che a lei potrebbe far piacere ma non si è trattato mai soltanto di loro due. La gente, i sussurri, la sensazione di essere sempre, invariabilmente fuori posto e il desiderio di urlare con rabbia che è tutto il mondo intorno ad essere sbagliato.

Tutte le paure
Riposte sotto al letto le hai viste mai?

E tutte le promesse che non hai mantenuto
Ci pensi mai?


Le si avvicina, è una attrazione che non riesce a spiegarsi, sa solo che c'è e che nonostante i tentativi di contrastarla, ucciderla, soffocarla tra le pieghe dell'anima continua ad essere così manifesta... si chiede perchè, forse una spiegazione non esiste. Tutto ciò che conta è lei, così vicina da essere intoccabile. Ha voglia di baciarla eppure non osa fare il primo passo. Così quando lei prende l'iniziativa lui la stringe forte per non farla andare via, perchè ha paura che ogni volta sia l'ultima volta, perchè ogni bacio è una promessa che muore sulle labbra, perchè vorrebbe strapparle via tutti i dubbi.


Anche perchè in questo modo
E' un mondo che ti esplode dentro
Qualcosa non va


Lui sa che lei è importante, lo ha sempre saputo, ancora prima di esserne cosciente. Cerca una maniera per farglielo capire ma come può mostrarle in che maniera lei ha trasformato il suo universo? Come può chiederle di avvicinarsi al fuoco che ha dentro senza che lei si bruci e scappi via spaventata?


Tutto questo perdersi
Per poi ritrovarsi
Che senso ha.


E' così distante. I sogni restano tali, amarla è stata la cosa più bella e straziante che gli sia mai capitata. Fughe e ritorni, fino al giorno in cui l'attesa sarà vana, lei non tornerà e resterà il ricordo del tocco delle sue mani, del suo sorriso, dei suoi occhi...

Demoni privati
Custoditi in fondo al petto
Li hai visti mai?
E tutti i grossi errori
Che poi hai ripetuto
Ci pensi mai?


Intanto ha in testa ancora mille domande, e le cose che non sa sono quelle che ha paura di chiedere. A volte in un attimo, quando è distratto, tornano a fargli visita i demoni del passato, e allora il suo viso si rabbuia al ricordo del dolore che a volte gli toglieva il respiro, della speranza alternata alla sfiducia, della mancanza di ogni stimolo. Si sente stanco e non può fare a meno di chiedersi se avrebbe potuto evitare tanti errori, per sè stesso e, soprattutto, per lei.

Perchè chiudendo forte gli occhi
Sul mondo che ti esplode dentro,
Qualcosa non fai.


Chiude gli occhi ed è il suo volto l'ultima cosa che vede prima di addormentarsi...

martedì 10 giugno 2008

Vecchie storie

Qualche anno fa scoprii di nutrire un certo interesse nei confronti della letteratura russa e mi avvicinai a Dostoevskij. La prima opera che lessi fu un romanzo breve intitolato "Le notti bianche". Di recente ho dato una sistemata ad alcuni dei libri che ho in casa e, tra gli altri, c'era anche lui. L'ho preso e ne ho sfogliato alcune pagine, ho riletto alcune frasi, e mi sono tornate alla mente le sensazioni che provai all'epoca della sua lettura.

La storia parla di un giovane "sognatore" (personaggio particolarmente caro a Dostoevskij e che per tutto il romanzo resta senza nome) che durante le cosidette notti bianche (che in seguito scoprii essere chiamate così perchè il sole in quel periodo dell'anno tramonta dopo le 22), in una Pietroburgo deserta, incontra una ragazza, Nasten'ka, che aspetta da ormai quasi un anno il ritorno del fidanzato.
L'intera vicenda è racchiusa in quattro intense notti in cui i ragazzi si avvicinano, imparano a conoscersi, in cui lui arriva persino ad innamorarsi e a sperare che quella fanciulla possa strapparlo alla sua vita spenta e ai suoi sogni evanescenti. La città disabitata diventa l'immenso palcoscenico di una storia d'amore delicata, tenera, sublimata. Una panchina unisce i giovani... e la stessa panchina li separa la quarta notte, quando Nasten'ka racconta con gioia al ragazzo del ritorno del suo fidanzato. Un'altro sogno infranto, un nuovo brusco risveglio per chi ha creduto di aver incontrato la sua anima gemella.

Durante i bei tempi che furono rimasi affascinato da questo racconto, colpito dalla dolce malinconia che l'autore era riuscito a raccontare. Oggi invece credo di averlo compreso in maniera diversa, forse più profonda; sento che nonostante due secoli di differenza il protagonista ed io siamo simili... tutta la vicenda richiama alla mente storie vissute, piccole gioie, dolori che increspano il cuore, appena nascosti sotto la sottile superficie della normalità di facciata.

Penso all'amore, a quanto è bello e misterioso e doloroso, a quanti lo hanno raccontato e in quanti modi, e soprattutto alla fortuna di chi può dire di averlo incontrato e riconosciuto.

venerdì 22 febbraio 2008

Lettera a me

Ciao, come stai?
E' da tanto che non ci sentiamo, vero? Allora, che ne dici di raccontarmi qualcosa, cosa hai fatto in tutto questo tempo? Ma come, davvero sei stato quasi sempre chiuso in casa? Non ci posso credere! Non ti annoia rimanere intrappolato sempre tra le stesse quattro mura? Dici che non è un bel periodo eh? Ti capisco sai, il problema è che ci illudiamo di poter fuggire dall'evidenza costruendole attorno un muro di bugie; a forza di ripetersele smettono di essere stupide menzogne e diventano la nostra verità, almeno fino a quando non siamo costretti a confrontarci con la realtà... e quanto fa male vedersi sbattere in faccia la propria stupidità, vero?

Mi piacerebbe poterti consolare, dirti che domani andrà meglio, che il dolore non dura per sempre ma voglio essere del tutto sincero con te, penso che te lo meriti: non ho idea di come sarà domani o dopodomani o nelle prossime settimane, mesi, anni... non ti arrabbiare ora, lo so, non sono per nulla consolante e mi dispiace, però non me la sento di dirti che va tutto bene, che presto tutto si sistemerà.

Si, so cosa hai passato, capisco i motivi per cui ti sei sentito preso in giro, capisco che non hai capito quasi nulla e questo ti rode, però secondo me non è così, credo che ti siano solo sfuggite le cose più importanti! No no no, non fraintendermi però, non ti sto dando dell'idiota, dico solo che le domande che hai fatto erano giuste mentre probabilmente le risposte non del tutto e almeno di questo non hai tutta la colpa. Del resto ammetto che neppure io ho capito granchè in questa faccenda.

Non vuoi proprio dirmi cosa c'è che non va, vero? Sei così silenzioso, anche più del solito, e questo onestamente mi preoccupa, se prima qualche parola in una giornata la spiccicavi ora temo che spesso mi toccherà conversare da solo. E non te la prendere, lo sai che scherzo... non c'è bisogno che tu mi dica niente, ti conosco abbastanza bene e so cosa ti passa per la testa.

Ti ricordi quando eravamo piccoli? Giocavamo in quel benedetto campetto dalla mattina alla sera, c'era sempre il sole. Ricordi quando tornavamo a casa sporchi dalla testa ai piedi, tanto che tua mamma voleva farci spogliare fuori di casa? Non c'erano pensieri, niente ansie, dubbi... prendevamo dai giorni che venivano quel che capitava. Non so se capita anche a te ma spesso rimpiango quei tempi, eravamo piccoli, si, non potevamo fare quasi nulla da soli ma eravamo spensierati e con le idee molto più chiare di adesso.

Visto? Mi ci è voluto parecchio impegno ma un mezzo sorriso te l'ho strappato! Ora devo andare, si è fatto tardi e domani devo alzarmi presto, ma tu non smettere di sorridere e quando ti sentirai triste tanto da pensare di non farcela pensa a quello che sto per dirti: non darti tanta pena, rialza la testa e non chiuderti in te stesso... so che lo stai facendo quindi non dirmi che sto sparando cazzate! Continua a donare pezzi di cuore a chi ti sta intorno: molti ti deluderanno, tratteranno il tuo dono come carta straccia, ci passeranno sopra senza pensare alle tue sofferenze, qualcuno quel dono lo abbandonerà distrattamente in un mucchietto assieme a tanti altri senza neppure comprendere quanto per te sia prezioso, pochi, pochissimi ne avranno la cura che merita... e una sola un giorno accetterà di condividere il suo cuore con te. Quando questo succederà vedrai che tutto il resto non avrà più alcun senso!

Con affetto,
V.

giovedì 14 febbraio 2008

Piccoli dettagli al buio

Quando mi sono svegliato questa mattina mi ero ripromesso di non scrivere, di lasciar scivolare via questa giornata cercando di non pensarci troppo... invece mi ritrovo qui davanti a queste pagine e a tutto quello che significano per me e le dita si muovono senza obbedire alla mia volontà.

Oggi è San Valentino, fuori c'è un bellissimo sole ma non ho voglia di festeggiare, non ho una donna con cui festeggiarlo. Sapevo che questo sarebbe stato un brutto periodo ma non lo avevo immaginato così nero. Da tempo mi sento come se fossi entrato in una lunghissima galleria di cui non si vede la fine. Io corro, corro disperatamente fino a non avere più fiato mentre tutto intorno resta uguale e se mi fermo sembra che non abbia fatto un passo. Sono così stanco, a volte ho l'impressione di scorgere la luce fuori di qui e allora moltiplico i miei sforzi. E' solo un'illusione, peccato che con un inquietante gioco prospettico questo dannato tunnel torni ogni volta ad allungarsi, ad inghiottirmi.

Sapete, comprendo che dalle mie parole possa trasparire una mancanza di fiducia, forse addirittura "un pipito" (cit.) di autocommiserazione. Potrei addurre mille giustificazioni, dire che ho il difetto di drammatizzare accadimenti già di per sè abbastanza tristi o che doverla lasciare andare dopo averla amata tanto (e non potete immaginare cosa voglio intendere con "tanto") mi ha svuotato interamente, sarebbe tutto vero. Potrei parlarvi di gelosie, risentimenti, rabbia, di lacrime che ho trattenuto a fatica, di altre che non mi è riuscito di fermare, di suppliche, prese di coscienza, di invocazioni al cielo, di una mancanza di serenità che dura da così tanto che non ricordo neppure quando è iniziata. Potrei raccontarvi questo e tanto altro ancora ma la verità è che ho paura.

Sono terrorizzato all'idea di perderla, e ancor più mi atterrisce il pensiero che potrei perdere me stesso. Rimanere solo mentre continuo a inseguire un sogno che non arriverà mai è quello che più mi spaventa. Ero pronto ad impegnarmi con lei, avrei accettato per lei di cambiare qualsiasi cosa, consapevole che tante rinunce, tanti sforzi avevano avuto il fine di farmela incontrare. Adesso, e lo dico con nel cuore tutta l'angoscia che un uomo possa sopportare, non ho più nessuna certezza. Come un sacchetto di plastica soffiato via dal vento la vita mi spinge qua e la senza preoccuparsi di me... del resto chi si preoccupa di una busta come tante altre?

Ho creduto di essere diverso, speciale, ho peccato di superbia e sono stato per questo giustamente punito. Quanto più sei in alto quando cadi, tanto più l'impatto è devastante.
Chiedo scusa a tutti, perdonatemi... cercavo solo di afferrare un sogno...

giovedì 31 gennaio 2008

Musica è

Era una bella serata. L'aria era fredda ma serena e avevano deciso di uscire a fare quattro passi. Impegni, responsabilità, da tempo non uscivano. Stavano crescendo e la voglia di fare baldoria diventava sempre meno, sostituita dalle preoccupazioni di una stressante quotidianità.

L'occasione di una esibizione di un quartetto Jazz si era rivelata un'occasione troppo ghiotta per mancarla ancora una volta, così si erano preparati di tutto punto ed erano usciti. Aspettavano l'arrivo di fidanzate e amicizie e (mis)conoscenze varie chiacchierando di quel che era stato e di quello che sarà.

Uno dei ragazzi però, il protagonista di questo racconto per l'esattezza, non era del tutto tranquillo: in fondo il paese era piccolo ed era quindi grande la probabilità che incontrasse proprio lei.
        Sperava che succedesse?
        Certo che si!
Ciononostante una piccola parte di lui era turbata dall'idea di vederla. Era passato molto tempo dall'ultima volta che erano usciti insieme e temeva che troppe istantanee del passato tornassero a scorrergli sotto gli occhi.

Il locale iniziava a riempirsi, i musicisti terminavano di preparare gli strumenti mentre cameriere indaffarate ronzavano tra i tavoli raccogliendo le ordinazioni dei ritardatari. Le luci soffuse, il calore, i suoni, gli odori, tutto contribuiva a creare un'atmosfera particolare, sospesa, come se fuori da quella sala il mondo si fosse fermato aspettando l'ultima nota, segnale convenuto, per riprendere a muoversi.

La musica era iniziata e il nostro giovane ne era stato rapito quasi immediatamente, ora non solo il mondo fuori bensì tutto, compreso le persone che gli stavano attorno, era diventato uno sfondo per le melodie che lo avvolgevano. Aveva dimenticato il pensiero di lei, il tempo passava e credeva che avesse infine deciso di non uscire, o di andare da qualche altra parte. Era ormai immerso nelle suggestioni che ritmi e melodie creavano nella sua testa.

Un ritmo dolce, malinconico, quello di un uomo innamorato che sussurra parole colme d'amore alla donna che gli dorme affianco, consapevole che lei non le ascolterà, che può confessare tutto ciò che non riesce a dire quando lei lo guarda con quegli occhi grandi e profondi. Il suono che una carezza farebbe se fosse musica, questo ascoltava quando finalmente si accorse che lei era appena entrata. Subito un tuffo al cuore, ogni volta si chiedeva come fosse possibile che a dispetto delle innumerevoli volte in cui si erano incontrati ancora non riuscisse a trattenere la sorpresa, l'ansia, la gioia di vederla.

Era tanto bella, come sempre, e faceva fatica a toglierle gli occhi di dosso. Pensava tra sè, "sono felice che sia venuta... mi manca così tanto...". Ora le note erano come macchie di colore che si sovrapponevano, si fondevano per creare ritratti di scene passate, un volto sorridente, spensierato, deciso a vivere il momento senza pensare a quel che sarebbe stato.

Quella sera però il suo viso non era sereno e lui credeva di conoscerla abbastanza da capire che c'era qualcosa che non andava.  Rigida, impacciata, stranamente silenziosa quando lui era abituato a vederla vivace, continuamente in movimento... non era a proprio agio e il ragazzo sapeva di esserne il responsabile.

Le voleva bene, per lui era diventata una delle persone più importanti... e doveva evitarla, costringersi a non pensarci, a non pensarla, per evitarle di star male ancora. Averla davanti quella sera, poterla guardare ancora una volta, era stato il più bel regalo che potesse fargli. Lei non lo sapeva ma era tanto tempo che il giovanotto non si sentiva così bene ed il merito era anche e soprattutto suo.

La serata ormai era finita, stavano rientrando a casa e il ragazzo aveva perso un po' di baldanza, "ancora un addio" pensava. La guardava allontanarsi, avrebbe voluto chiederle perché era stata così distante, scusarsi, pensava fosse colpa sua; avrebbe voluto rassicurarla, dirle di non ascoltare le voci di tanti presunti amici, di dar retta solo al proprio cuore, a quello di lui... ma non disse niente. Era una bella serata e allontanando i fantasmi del passato tornò a camminare verso casa.

venerdì 25 gennaio 2008

Spire di fumo

E' lì che continua a rimuginare su ciò che ha visto mentre si accende l'ennesima sigaretta. "Non fumare!", la voce di sua madre gli risuona nelle orecchie ad ogni primo tiro, "vuoi fare la fine di tuo nonno?". Ogni volta è sul punto di spegnere la cicca, dai sempre retta a mamma e papà, la lezione si è inculcata in lui piuttosto in profondità, lunghi discorsi su rispetto e obbedienza.

Pensava che avrebbe desiderato avere una catena ed un grosso lucchetto, di quelli che si usano per sbarrare i cancelli, ma sapeva che non era quello che lo avrebbe fatto stare meglio. Una catena per la donna che ami? Che senso avrebbe avuto? "E' lei che deve scegliere, capire", queste parole continuavano a ronzargli in testa, "lei sa cosa provo, sa chi sono... nel bene e nel male".

Provava una pesante frustrazione a non poter fare di più, eppure gli bastava girarsi e vederla, seduta al computer o china sui libri, lo sguardo assorto e l'espressione imbronciata, per dimenticare tutto il resto. La guardava cercando di non farsi notare per paura che lei leggesse nei suoi occhi storie che non voleva farle conoscere.

Dio quanto era bella, credeva di essere abituato ai suoi lineamenti, alle sue curve, agli atteggiamenti a metà tra quelli consapevoli di una donna e quelli istintivi, spontanei di una bambina. Invece ogni volta che la rivedeva era come la prima volta... un tuffo al cuore e subito dopo, quasi a rimediare agli attimi di scompenso precedenti, una accelerazione del battito; soprattutto tanta confusione però, sovraffollamento di parole in disordinati capannelli davanti alla barriera di labbra sigillate. Parlare con lei era una delle cose che preferiva nonostante la sua presenza per ignote ragioni lo faceva sempre sentire agitato.

Seguiva il movimento febbrile delle sue mani per poi risalire con lo sguardo alle spalle, al collo, alle labbra sottili, al piccolo neo che lo faceva impazzire -perfetta imperfezione- fino ad arrivare ai suoi occhi. Li adorava, erano la parte di lei che lo aveva colpito di più, tanto che a volte ancora adesso rimaneva a fissarli incantato. Attraverso loro aveva conosciuto lei, la sua forza, la determinazione, la dolcezza, il desiderio di non crescere, di continuare a vivere la favola della sua giovinezza, così come le sue fragilità, l'insicurezza, l'ingenuità. Attraverso loro col tempo aveva imparato a intuire i suoi stati d'animo: poteva dirgli che tutto andava bene, prendere in giro persone poco attente, ma a lui i suoi occhi non avevano mai mentito.

Ripensava a quando le aveva detto "ti amo" credendoci davvero, a quello che gli era costato esporsi così, al suo sguardo che gli aveva rivelato più di tutti i discorsi successivi, dolce, lusingato, imbarazzato ma soprattutto preoccupato per le implicazioni di quelle parole che lui, impulsivo come al solito, non aveva soppesato.

Intuisce una voce che lo chiama, era così sovrappensiero da aver dimenticato di non essere solo, la sigaretta è ormai consumata. In pochi minuti ha rivissuto così tante cose. Il suo sguardo ora è malinconico ma sereno. Non sa se sta guardando il suo grande amore, non sa se riuscirà ad innamorarsi di qualcuno come è successo con lei, poi i loro occhi si incrociano, lui li vede sorridenti... e non ha bisogno d'altro.

giovedì 10 gennaio 2008

2008

Strano inizio d'anno... ho deciso di rientrare anticipatamente perché era in programma la visita di una persona che desideravo rivedere. Tanto più è semplice abituarsi alla presenza di un ospite in casa quando questo è gradito, tanto più è triste vederlo andare via.

Per alcuni giorni non ho avuto modo e tempo di fermarmi a pensare ed è stato un bene. Sono stati giorni tranquilli, hanno lenito la tristezza legata ai ricordi, alle tante valutazioni fatte durante la pausa natalizia, mi hanno distratto e devo confessare che ne avevo più bisogno di quanto pensassi.

Niente dura per sempre però, e quel che lasci in sospeso prima o poi torna a chiedere se te ne sei dimenticato o stai solo cercando di evitare il problema più a lungo che puoi. Sfortunatamente non ho dimenticato -potrei? forse dovrei?- e di conseguenza torno ad essere disorientato. A volte mi chiedo se non c'è qualche gran figlio di allegra donna babilonese (per non dire puttana che è così poco chic) che si diverte a mescolare le mie mappe ogni qualvolta inizio a rimetterle in ordine. Da oggi chiamatemi pure "Penelopo", ogni notte disfo quel che di giorno ho fatto.

Mi è stato detto che scappare -nascondersi- è la soluzione più facile; non ha forse pensato che in alcuni casi può essere una necessità... metti che dei killer della mafia vogliono farti la pelle, non sarebbe la soluzione ideale farsi trovare seduti sul cesso a leggere il giornale... quelli sono killer, mica chierichetti!
Quindi la conclusione è: scappare può salvarti la vita, o quantomeno l'equilibrio di cui ho tanto bisogno in questo momento. Non è una scorciatoia, è tutto quel che posso fare per difendermi.

Sapete, non sono il tipo che scappa, forse a volte preferisco prendere tempo ma non corro a nascondermi dietro una colonna sperando che quello che mi insegue tiri dritto senza accorgersi di me. Uno dei buoni propositi della nuova stagione era fregarsene delle voci, delle apparenze da salvare, dei discorsi da non fare, delle chiamate da evitare, insomma fregarsene dell'85% di tutto circa. E visto che ci siamo vi dico una cosa che ("ironia mode" ON) nessuno sa ("ironia mode" OFF): non ne sono capace!

Non si tratta di me, fosse solo per la mia bella faccia potrei fregarmene anche del 98% di tutto senza troppe difficoltà. Purtroppo però "c'è tutto un mondo là fuori"...

Buon anno a (quasi) tutti!

martedì 18 dicembre 2007

Inverno

Ogni volta che c'è un'incontro è destino che si presto o tardi arrivi il momento del distacco. E a me pesa.

Sono irrazionale ma anche un arrivederci prolungato causa festività natalizie ha per me il sapore di fiele dell'addio.

Eccolo... sento tornare un senso di malinconia che avevo accantonato da un po' di tempo e contro cui sono stanco di combattere. Lascerò che le sensazioni trovino da sole la strada per uscire, senza più celarle dietro un'indifferenza così contraffatta che nessun ambulante riuscirebbe a venderla, senza spingerle fuori con rabbia cercando di spostare il raggio gravitazionale dei pensieri. Ormai sono mature abbastanza per fare tutto da sole.

Per canto mio resterò a guardare, mentre fuori piove e sembra che le strade nude piangano di solitudine, afflitte dal silenzio. Guarderò partire le parti più sensibili del mio cuore, quelle che hanno fatto da argine alle onde più impetuose senza mai lamentarsi, continuando a fare il proprio sporco mestiere.

Spero che chi si sta allontando senta quanta parte di me trascina con sè, che intuisca il peso che comportano certe costrizioni, anche se sono inevitabili, anche se sono giuste. Cerco solo scuse... come sempre, tutta colpa di questa dannata malinconia!

Immagino il giorno in cui tutto questo sarà passato e... e no, mi dispiace infinitamente ma il resto di questa storia è mio.

giovedì 8 novembre 2007

E' arrivato l'Inverno

Giusto un paio d'ore fa guardavo fuori dalla finestra chiedendomi i motivi per cui mi sento così dannatamente malinconico.
Guardavo il cielo coperto, denso di nubi, minaccioso, quasi volesse richiudersi su sè stesso. E' una stupidaggine eppure sembra che il caldo e il freddo e il vento e la pioggia seguano l'andamento del mio umore.

Coincidenze. A guardare il mondo con gli occhi del caso il senso di ogni sforzo sfuma in inutili affanni; puoi costruire una vita intera con qualcuno e -per caso- scoprire che a quel qualcuno una vita con te non bastava e ha deciso di viverne una parallela con qualcun altro, oppure puoi affannarti alla ricerca di lei che non sai neppure se esiste, incontrarla -per caso- e ringraziare il fato... e maledirlo poco dopo perché hai scoperto che avete tempi diversi e che probabilmente sarà così sempre.

Ieri ho sentito una strana sensazione nascere in me: tutto è iniziato nel punto più profondo, il più oscuro -misterioso- lì dove nascono rabbia e amore e odio e delusione. Ero in collera per motivi così stupidi che non vale la pena ricordarli e avevo bisogno di mettere in chiaro alcune questioni. In casi come questi la pazienza non è tra le mie virtù e nell'impeto del momento ho parlato. Non so se tutto quello che ho detto è stato comprensibile e compreso, so solo che più andavo avanti più mi sentivo strano e ascoltere alcune frasi -vedere alcuni atteggiamenti- mi ha dato la piccola spinta che serviva per farmi perdere l'equilibrio.

Ho sentito un peso immenso addosso, ed era il peso delle parole che ho detto, di quelle che mi sono tenuto dentro, il peso di ogni singolo gesto, della leggerezza con cui ho affrontato questioni delicate, il peso dell'incoscienza con cui mi sono lanciato in situazioni più grandi di me, il peso degli atteggiamenti sbagliati nei confronti delle persone sbagliate, il peso dei ricordi e del desiderio che tutto andasse in maniera diversa, il peso delle lacrime e del dolore che esse rappresentano.

Ora mi sento stanco di combattere, svuotato di ogni volontà... fuori il cielo si colora di rosso come le guance di una timida amante, l'aria si sta calmando. Succederà lo stesso anche a me, quando avrò la forza -la voglia- di affrontare davvero i miei demoni.

mercoledì 7 novembre 2007

Mea Culpa

Non sono il tipo da rimpiangere il passato. Ogni volta che ho scelto l'ho fatto con convinzione e se pure le certezze col tempo sono sparite è sempre rimasta la consapevolezza di aver agito nella maniera che al momento ritenevo più opportuna.
Non ho rimpianti... ma se potessi tornare indietro farei di tutto per non far soffrire chi non lo meritava. Mi è stato dato tanto, tutto ciò che mi è stato dato mi ha reso diverso -migliore- ed io non sono mai riuscito a farglielo comprendere davvero.
Sono in ritardo ma... mi dispiace...

domenica 28 ottobre 2007

Ri...

Ogni storia presto o tardi deve raggiungere il suo epilogo, è regola imprescindibile ed io sapevo che non avrei potuto sottrarmene. Speravo però che succedesse tardi. Purtroppo tante forze hanno agito in senso contrario alla mia volontà, così oggi mi restano tanti ricordi e quest'unico rimpianto.
Se devo essere sincero mi capita ancora di pensare che non doveva andare così, e in quei momenti di "rifiuto della realtà" si riaccendono improvvisamente le fiamme di sentimenti che credevo ormai spenti; quelle fiamme però hanno perso vigore e basta un leggero soffio per tornare a spegnerle.
Abbiamo deciso (non senza indesiderate complicità esterne) di riprenderci le nostre vite per ricostruire complicati equilibri... eppure so una cosa, chiunque verrà d'ora in avanti dovrà reggere il confronto con te, ed è un confronto difficile perchè -noi lo sappiamo vero?- sei speciale...

sabato 29 settembre 2007

Oroscopi...

La Lepre e il Cinghiale potranno formare una coppia quasi perfetta! Entrambi di temperamento acceso e passionale, faranno scintille anche nell'intimita'. Lasciarsi per loro sara' quasi impossibile. La loro compatibilita' generale e' 90%.


 


A volte vorrei credere negli oroscopi...

mercoledì 19 settembre 2007

Ricordi

Ricordo la prima volta che l'ho vista...
Non com'era vestita, questo no, però ricordo le sensazioni che ha provocato, le impressioni che non sono più andate via, consolidandosi lentamente in certezze. Ricordo che era bella e che era imbarazzata; come biasimarla? Trovarsi in mezzo a degli sconosciuti che davano chiaramente l'idea di avere gravi squilibri psichici avrebbe messo in difficoltà chiunque, eppure riusciva a sembrare a proprio agio, gentile e decisa al tempo stesso. Ricordo di aver pensato che aveva qualcosa di speciale senza riuscire a capire il perché e di essermi sentito stranamente agitato.

Ricordo le prime volte che siamo usciti insieme...
Ero curioso, tanto curioso di conoscere meglio quella ragazza che sembrava così diversa dalle altre. Ricordo le innumerevoli volte che mi ha lasciato di sasso intuendo ciò che pensavo, arrivando a comprendere molto più profondamente di quanto si rendesse conto chi aveva di fronte. Ricordo di essere rimasto stregato dai suoi occhi fin da subito, di aver sentito il bisogno di fissarli perché intuivo che attraverso essi avrei potuto scoprire tutto quel che c'era da sapere. Ricordo di aver desiderato che fosse sempre felice, perché ad ogni sorriso si illuminavano il suo viso e tutto ciò che aveva intorno.

Ricordo i miei timori...
Col passare del tempo iniziavo a prendere coscienza dei motivi per cui mi ero sentito nervoso dal primo momento che l'avevo vista. Ricordo di aver tentato, con poca convinzione, di persuadermi che non stava succedendo niente, di averci riso su. Ricordo tutti coloro che non conoscendoci ci scambiavano per una coppia; la cosa mi divertiva e al tempo stesso mi preoccupava, sembrava quasi che tutti tranne me avessero capito cosa mi si agitava dentro.

Ricordo la rabbia...
Ho sbagliato e non ho paura ad ammetterlo. Ricordo però errori più grandi dei miei... come potrei dimenticare? Ricordo - anche se non vorrei - chi ha cercato di strapparmela via, non sapeva che non poteva riuscirci, in un modo o in un altro lei mi resterà sempre accanto e questo lo so per certo! Ricordo l'ansia, il peso sullo stomaco mentre speravo di essere l'unico destinatario di uno scherzo crudele quanto vigliacco. Ricordo l'ira che mi ha acceso nello scoprire che non era così, la voglia di colpire con tutta la forza che avevo in corpo lo sceneggiatore di questo dramma di serie B che non aveva - non ha - il coraggio di farsi riconoscere. Ricordo i dubbi, ogni maledetto sospetto, la difficoltà di tornare a fidarmi di chiunque... li ricordo bene, sono ancora qui con me.

Ricordo la sofferenza...
La mia, la sua, tutto il resto non mi interessava. Ricordo di averla trovata quasi in lacrime. Sapevo perché e avrei dovuto esserne felice... come mai allora non ci riuscivo? Ricordo di essermi sentito tremendamente in colpa a dispetto di chi mi diceva che io avevo fatto solo quello che chiunque altro al mio posto avrebbe fatto. Ricordo di essermi sentito inutile, impotente, di aver pensato che non ero riuscito a proteggere da me una persona che era più fragile di quanto desse a vedere. Ricordo di aver desiderato che mi chiedesse qualcosa, qualunque cosa, se solo avesse voluto avrebbe avuto tutto... e anche qualcosa in più.

Ricordo tante separazioni...
Aveva bisogno di tempo e di spazio, aveva bisogno di capire... ne avevo bisogno anch'io. Ricordo la sensazione di vuoto ogni volta che andava via. Ricordo il peso dei silenzi, la paura di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato, il terrore di non vederla tornare. Ricordo di averla vista partire in un sogno, salire su una nave ed allontanarsi per sempre; nel sogno il mare era calmo sotto un tramonto rosso fuoco, lei una sagoma indistinta ed io correvo, sperando di raggiungerla prima che fosse tardi perché avevo ancora così tante cose da dirle. Ricordo tutte le volte che ho desiderato chiamarla, sentire la sua voce, ricordo il peso della sua assenza, quanto mi è mancata, quanto mi manca ancora adesso.

Ricordo i momenti belli...
Quelli sono miei e miei soltanto, lo saranno per sempre. Ricordo le sensazioni di ogni parte del mio corpo ogni volta che l'ho avuta vicino, ricordo la serenità che è stata in grado di infondermi ogni volta che abbiamo parlato, la complicità, la stima, l'affetto, gli attimi in cui tutto sembrava perfetto... e così tanto altro ancora!

Ricordo una frase...
L'ha tirata fuori all'improvviso, con leggerezza, con gli occhi lucidi... mi ha detto "tu qui sei la mia famiglia" ed io non ho saputo, non ho potuto risponderle, ho cercato soltanto di non mettermi a piangere "come una femminuccia". Ricordo di aver deciso in quel momento che avrei fatto di tutto per farla tornare felice a dispetto di  speranze e desideri, perché lei per me è importante davvero.

Non sono bravo a tenere a mente le date di qualsiasi tipo di ricorrenza, ho difficoltà con i nomi delle persone, tutto ciò che imparo a memoria solitamente lo dimentico nel giro di pochi giorni... ma le cose davvero importanti le ricordo tutte...

venerdì 14 settembre 2007

Dio se mi manca!
E quando sembra che il tempo non sia passato lo sento ancora di più...

domenica 9 settembre 2007

Passeggiate

Forse dovrei uscire, prendere un po' d'aria, aprire le porte di casa prima e quelle dentro me poi, magari va anche bene la stessa chiave. Forse dovrei uscire... ma per andare dove?

Sabato sera a casa?
Che palle! Che cosa da vecchi (che poi non diciamolo troppo in giro ma a me dei vecchi mi hanno anche preso per il culo perché non ero alla notte della taranta, e se avessero potuto vedere il mio sorriso un po' tirato avrebbero capito di aver toccato un tasto dolente... io volevo esserci eccome!!!). Sabato sera a casa, non avevo nessuna voglia di muovermi da qui, ho troppi conti in sospeso con me ed ho colto l'occasione per iniziare a regolarli.

Ma come, proprio di sabato?
Beh, è capitato, non ho mica aspettato apposta una intera settimana, che poi sabato qui non c'è mai nessuno e allora che fare? Scendere in città? Immalinconirsi davanti al mare, davanti ad amori ostentati, ad amori timidi e impacciati, ad amori vivi e vissuti? No, resto a casa a pensare pensieri senza fine, perché son fatto così (comoda come spiegazione, vuol dire tutto e niente, come sono fatto però ora non ho voglia di spiegarlo, magari ve lo dico un'altra volta dai) e ho bisogno di vivere ogni cosa in maniera grandiosa, quasi teatrale.

E stasera? Almeno stasera che è domenica uscirai, vero?
Non credo proprio, ho ancora tante belle immagini da rivedere, con la mente e con il cuore, e tanta tristezza da assorbire pensando a corpi amati in braccia altrui, e sogni da sognare, in cui i desideri sono realtà, in cui io sono solo un piccolo uomo ed ho accanto una piccola donna a cui sussurro "non avere paura di me" .

Dovrei senza dubbio uscire, altro che forse, però non lo farò, devo prima ritrovare me stesso... e magari anche le chiavi di casa.

giovedì 6 settembre 2007

Uno sguardo vale più di mille parole

Mi piacciono le parole, tutte, il loro suono, le sfaccettature, il delicato equilibrio tra significati e significanti. Fossi nato un paio di migliaia di anni fa probabilmente avrei fatto l'oratore, oggi no, oggi sento discorsi senza capo nè coda, ragazzini che parlano come se stessero scrivendo un sms (a proposito, fatemi una cortesia, tornate ad usare tutte quelle belle lettere tanto care alla lingua dei vostri padri, basta acronimi, ve ne prego!), usi quantomeno opinabili di congiuntivi e consecutio temporum.
Mi piacciono le parole eppure, quando conta davvero, loro si rifiutano di uscire...
I discorsi restano sospesi ed è così strano, perché tu sai cosa vorresti dire, ogni frase l'hai ripetuta nella testa migliaia di volte, l'hai lavorata, ripulita, smontata e ricostruita per far si che il messaggio venisse compreso, però la lingua non è più sotto il tuo controllo, timida, non ha la forza di pronunciare altro che monosillabi.
Allora capisci che probabilmente le parole non contano poi molto, e che tutto quello che avresti voluto dire ce  l'hai scritto a chiare lettere negli occhi e loro non mentono, non si ingarbugliano, non farfugliano parole smozzicate... possono essere sfuggenti, timorosi, magari anche un po' spaventati ma alla fine capitolano e tornano a posarsi su quello che hanno desiderato vedere per così tanto tempo, alla ricerca di altri occhi, e labbra, naso, e mani e corpo, e poi di risposte a domande mai fatte e di cure per dolori indimenticati.
Avresti voluto abbracciarla forte, avresti voluto parlarle, raccontarle mille cose ed invece non sei riuscito quasi neppure ad avvicinarti... ma non importa, ciò che conta è averla potuta guardare ancora una volta negli occhi.

martedì 4 settembre 2007

Ansia da rientro

Stasera non sto tanto per la quale, ognuno è libero di immaginare quali siano i motivi, io (qui lo dico e qui lo nego) non li conosco. So di essere paradigma di incoerenza, la mia tendenza a cambiare umore bruscamente spesso infastidisce anche me... è che ogni immagine ne richiama altre. Se gli occhi sono fatti per guardare Dio avrebbe dovuto tenerli scollegati dalla testa, avrebbe potuto farlo almeno per me, mi sarei risparmiato così tanti fastidi!


E tanto io lo so come va a finire, è sempre così, come quando apri un vecchio album perchè stai cercando una foto particolare per un motivo particolare e ti ritrovi a sfogliarlo tutto anche se ti eri ripromesso almeno mille volte di non farlo... così ti prende tutta una serie di sensazioni, ansia mista a nostalgia mista a delusione tutte miste a tanto altro ancora.


Sapevo come sarebbe stato tornare, l'ho sempre saputo.


Ricordare è bello ma dominare il proprio passato non è per niente facile.


E' dura.