sabato 16 aprile 2011

Dei dubbi

Uno dei primi ricordi di quando ero bambino è legato a un campo di papaveri.

Era il primo giorno di scuola. L'estate era quasi finita e ricordo il giardino sotto casa, sembrava un mare rosso. Ricordo il grembiule e lo zainetto a tracolla. E ricordo l'ansia, la preoccupazione mista a timore per quello che sarebbe successo, la novità che rappresentava separarmi da casa. Quell'ansia non sarebbe più andata via ma allora non lo sapevo ancora.

Ho avuto una infanzia felice. Ci penso, a volte. Penso ai pomeriggi d'agosto che sembravano non finire mai, ai giochi, alle corse in bici, al tempo speso ad inseguire un pallone e con lui i sogni di ciò che sarebbe stato il futuro.

E poi il futuro è arrivato, ed è diventato presente prima e poi passato. E' strano come quello che immaginavo si sia rivelato diverso da ciò che è stato davvero. Ma forse non è poi così strano, forse il senso della vita è che per quanto tu possa immaginarla, per quanto si possano sognare milioni di possibilità, lei riesce sempre a sorprenderti.

Ho sempre desiderato fare mille cose diverse e forse questo mi ha condotto a non farne nessuna davvero bene. Tra così tanti interessi non sono riuscito a trovare la mia strada. Così, in alcuni giorni che vorresti finissero in un lampo, mi attanaglia la vecchia ansia. L'incertezza su cosa sarà, su cosa farò, su cosa sarò, e mi domando chi sono davvero.

Chi sono?
E il tempo passa, non si ferma, non ti lascia il tempo di capire. Chi sono e cosa voglio, cosa cerco, cosa aspetto, chi, e perché. E allora l'ansia diventa magone, un peso che opprime la bocca dello stomaco e avvolge i pensieri in una spirale di dubbio e rimpianto. Come è possibile che sia così semplice dimenticarsi di sè?

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