giovedì 3 dicembre 2009

Di insonnie invernali

Momento no.
Da qualche giorno ho difficoltà a prendere sonno. La sera, quando finalmente la confusione che riempie la giornata si placa, resto solo e nel silenzio iniziano a prendere forma mille pensieri confusi. Sembra che le domande senza risposta, le questioni irrisolte, tornino a chiedere udienza pretendendo che ascolti le arringhe di ognuna.

Mi trovo così a valutare i vecchi sbagli e quelli nuovi, con la sensazione di aver capito sempre troppo tardi cosa andava fatto, cosa andava detto. Fare (e dire) la cosa giusta al momento giusto... sembra facile! Spesso mi chiedo se da parte mia non sia mancato, in alcune circostanze, il coraggio di osare.

C'è stato un tempo in cui mi buttavo a capofitto nelle cose, ritenendo le conseguenze un male necessario in una ricerca che sentivo come un bisogno impellente. C'è stato un tempo in cui "ardevo" e questo calore (lo capisco solo adesso) era visibile anche dall'esterno, lo si percepiva chiaramente; un tempo in cui cio' che ero mi preoccupava, cosciente dei rischi a cui, data la mia natura, mi esponevo.

Ora mi chiedo quando esattamente ho smesso di credermi, quando ho iniziato a gettare acqua sul fuoco. Da un po' vivo sottotraccia, combattuto tra il desiderio di tirare fuori tutto il vecchio che è rimasto dentro per fare posto al nuovo e la preoccupazione che un comportamento simile possa dare la piccola spinta necessaria a farmi cadere di nuovo, proprio ora che ho ricominciato a muovere qualche misurato passo in equilibrio sulla vita.

Parlare apertamente, mettere un punto. La verità è che non so dove.

[Dove dovrebbe stare? Dove dovrei stare io?]

Parlare apertamente, anche se è scomodo, anche se fa male, anche se è egoista. Ricominciare a pensare a me, smettere di inseguire; l'ho fatto e ancora lo faccio perché probabilmente è il mio modo di dimostrare, di (di)mostrarmi... smettere, lasciare che ogni cosa segua il suo corso e se devono crollare muri e palazzi, che succeda pure.

Momento no... anche se continuo a far cenno di si con il capo.

ON AIR: Saitone - Lotus

domenica 8 novembre 2009

Con le mani sotto il cuscino

Ogni notte mettersi a letto, raggomitolarsi sotto le coperte con un sorriso, osservarla mentre cede alla stanchezza dopo una lunga giornata. Aspettare assieme che arrivi il sonno con gli occhi che iniziano a chiudersi e sentirsi finalmente in pace.
Respiro sommesso e regolare, ascoltare il battito del suo cuore, sorriderle anche se lei non sa, non può vedere quanto è bella così, abbandonata e indifesa.


E sognare di passeggiare insieme in un mare di fiori, a piedi nudi, inseguendo per gioco odori e colori, e saltare la corda cantando canzoni che parlano d’amore, che parlano di lei e dei suoi occhi così belli e felici.
Fiori


Volare su una mongolfiera tessuta di spicchi di arcobaleno attraverso le nuvole mentre il mondo di sotto si fa piccolo e sembra una casa di bambole e il vento scompiglia i capelli. E scoprire nelle nuvole caricature di buffi animali e di cose, cambiare prospettiva per scoprire che tutto è un più magico visto dal cielo.
Mongolfiera


Viaggiare in un treno di quelli a vapore, che sbuffa e che fischia, e salutare persone che rispondono agitando le mani e ricambiando un sorriso. E guardar fuori con la fronte appiccicata al finestrino paesaggi che scorrono rapidi tra i sobbalzi delle rotaie e diventano macchie, e sentirsi come bambini che guardano, pieni di meraviglia, in un caleidoscopio.


Percorrere mari su una piccola barca, spinti in avanti da una vela fatta di mille ritagli di pezzi di stoffa trovati qua e là, immaginando che sia l’imbarcazione di un commesso viaggiatore, una nave che ha visto buona parte del mondo ed ancora un po’, e sentire la sua risata alzarsi e poi scendere in armonico accordo con le onde.


Svegliarsi e per primo vedere il suo viso, e sorridere per quell’espressione un po’ buffa di chi sta dormendo ma in realtà è sveglio in un sogno. E baciarle con dolcezza una guancia e le labbra, aspettando che si aprano gli occhi assonnati, baciarla di nuovo e dirle che tutto è perfetto e che forse stai ancora sognando.

ON AIR: Oren Lavie - Her Morning Elegance

domenica 1 novembre 2009

Certi momenti un po' così...

Per le volte in cui faccio fatica ad addormentarmi, perché non è così che ci vedevo.

Per le volte che vorrei gridare quanto sembri tutto sbagliato.

Per le volte in cui un gesto o uno sguardo non bastano.

Per le volte in cui ciò che hai dentro è così chiaro mentre fuori è confusione.

Per le volte in cui ti viene da piangere e ti chiedi il motivo qual è.

Per tentare di spiegarti perché a volte posso sembrare incomprensibile... ecco, è così che mi sento:

...You're the one, yeah,
I've put all my trust in your hands.
C'mon and look in my eyes,
here I am, here I am.
...
Tell me why
it gets harder to know
where I stand.
I guess loneliness found
a new friend, here I am.


You don't understand me, my baby.You don't seem to know that I need you so much.
You don't understand me, my feelings,
the reason I'm breathin', my love
You don't seem to get me, my baby.


You don't really see that I live for your touch.
You don't understand me, my dreams or the things I believe in, my love.
You don't understand me. You don't understand me. Understand me.

ON AIR: Roxette - You don't understand me

giovedì 22 ottobre 2009

Sliding doors...

In un paese non troppo diverso da quello in cui vivete, pieno di case non troppo diverse da quelle in cui abitate e popolato da persone non troppo diverse da quelle che conoscete, vive un ragazzo non troppo diverso da quello che immaginate.

Sebbene dia l'impressione di essere un amante della compagnia i momenti in cui si sente meglio sono quelli che passa da solo, con la solitudine a proteggerlo dalle ciarle di chi lo circonda e la compagnia della sua immaginazione. Da piccolo sognava spesso quale sarebbe stato il suo futuro, e si vedeva ora architetto, ora avvocato, ora calciatore e preso dalla passione del momento assumeva gli atteggiamenti che vedeva nei grandi. Quando il futuro si è senza preavviso mutato in presente ha smesso di sognare "cosa sarebbe potuto essere" per iniziare a chiedersi "cosa sarebbe potuto essere se".
"Cosa sarebbe successo se... ", se provaste ad entrare mentre formula un pensiero del genere quasi sicuramente non vi noterebbe, e potreste scorgerlo assorto, con la fronte corrucciata o un sorriso ebete a seconda della direzione presa dai suoi voli pindarici.

"E se riuscissi a mettere la testa a posto?", e si vede seduto dietro una scrivania, a dirigere la sua piccola impresa, circondato da persone che non ha mai stimato, soddisfatto nel vederle fargli da lacchè.

"E se non le avessi detto di amarla?"
, si chiede, e giù ad immaginare una successione di donne entrate e uscite dalla sua vita, dal suo letto, senza nè amore nè scopo, avvicinate perché soltanto chi è solo può capire quanto sono lunghe e solitarie alcune notti se non hai nessuno accanto; o peggio, sogna una vita di solitudine priva anche del conforto che può dare il ricordo di essere stato innamorato.

"E se avessi insistito?"
, la prima serie di immagini che gli si dipingono nella mente rappresentano scene di una vita tranquilla e felice, di discorsi interrotti da baci improvvisi, di bimbi che giocano sotto sguardi premurosi e attenti.

"E se avessi avuto il coraggio di rischiare?"
, e si ritrova catapultato in una realtà del tutto diversa, tra persone nuove, con la paura mista ad eccitazione che accompagna ogni nuovo inizio, chiedendosi come farà a ricostruire tutto da zero e con il desiderio di scoprirlo provandoci.

A volte però ci sono quelle domande che in condizioni normali evita accuratamente di farsi dal momento che si portano dietro tutte le angosce da cui traggono origine; dovete infatti sapere che quel ragazzo, per quanto cerchi di non darlo a vedere, di dimostrarsi convinto, deciso, imperturbabile, spesso si sente insicuro, e quand'è così inizia a pensare... "e se avessi sbagliato tutto? Se non valessi quanto credo? Se non riuscissi mai ad ottenere quello che cerco con tanta disperazione?".
Allora lo assalgono la malinconia e la tristezza, e se non doveste guardarvi intorno senza trovarlo provate a cercarlo in un angolo tranquillo, quasi sicuramente lo troverete lì che cerca di non mettersi in mostra, di passare inosservato mentre aspetta che scompaia quello strano luccichìo agli occhi.



What if there was no light, nothing wrong, nothing right.
What if there was no time, and no reason or rhyme?
What if you should decide that you don't want me there by your side, that you don't want me there in your life?

What if I got it wrong, and no poem or song could put right what I got wrong or make you feel I belong
What if you should decide that you don't want me there by your side, that you don't want me there in your life?

Oooooh, that's right... let's take a breath, jump over the side.
Oooooh, that's right... how can you know it if you don't even try?

Every step that you take could be your biggest mistake, it could bend or it could break but that's the risk that you take.
What if you should decide that you don't want me there in your life, that you don't want me there by your side?



ON AIR: Coldplay - What if

lunedì 19 ottobre 2009

Cogitabondo di sera, bel tempo si spera

L'inverno è arrivato, "in anticipo" pensa. E' percorso da piccoli brividi mentre cerca di avvolgersi più che puo' nella coperta. Ha sprangato le finestre, tirato giù le persiane, chiuso le porte ma sembrta che il freddo la maniera di entrare riesca a trovarla indipendentemente da tutto.

Si è sigillato nella sua stanza, ha poca voglia di parlare, ancora meno di stare in compagnia, sembra sempre avere mille cose a cui pensare e in un certo senso è così. La verità è che non riesce a spegnere quell'interruttore che invece la maggior parte della gente sembra avere sempre su OFF, e di conseguenza i pensieri continuano a girare senza meta, in maniera completamente casuale, come mosche in un barattolo.

Si chiede come mai i suoi piedi sono così freddi, gli pare di ricordare che molto tempo prima qualcuno gli ha spiegato come le estremità del corpo siano le più sensibili al freddo perché, essendo maggiormente capillarizzate, sono soggette a un più rapido scambio termico. Non sa se è vero ma il pensiero che una spiegazione ci sia lo fa stare meglio.

Prende un libro, lo sfoglia, legge qualche pagina, torna a metterlo giù; pare non riesca a concentrarsi sulle parole, gli sfuggono da sotto al naso prendendolo in giro, invitandolo a seguirle in un girotondo che lo porta dalla fine all'inizio della stessa frase una volta, due, e tre...

Afferra la chitarra pensando che è lei l'unica donna rimastagli, l'unica a non aver tradito la sua fiducia; la sfiora con una dolcezza che dall'esterno potrebbe sembrare quantomeno bizzarra, la tocca gentilmente ma con decisione, la accarezza soddisfatto. Sentirla suonare, docile e obbediente sotto le sue mani, ha l'effetto di rasserenarlo, una sorta di "suono-terapia" casereccia.

La verità è che ha in testa mille dubbi: su quello che è, su quello che sarà, sulle occasioni perse e su quelle non sfruttate appieno, sul suo reale valore. Quando si sente così solitamente cerca la compagnia di quelle poche persone che sono state in grado di comprenderlo davvero, nel suo essere buono, gentile, disponibile oltre il ragionevole... e cattivo, mai abbastanza, mai troppo a lungo.

Stasera pero' non puo', perché quelle persone non ci sono.
Stasera non vuole, perché vuole smettere di inseguire.
Stasera vuole essere capito, senza bisogno di spiegare.
Stasera resta a rimuginare su futili questioni e amletici dubbi inutili.

Stasera non se la sente di scendere nel profondo perchè a volte, la sera, ci sono pensieri che ancora fanno male.

"I close my eyes only for a moment and the moment's gone.
All my dreams pass before my eyes a curiosity.
Dust in the wind, all we are is dust in the wind"



ON AIR: Kansas - Dust in the wind

lunedì 28 settembre 2009

Di alcuni pensieri sdolcinati e (si spera) estemporanei

C'è stato un momento nella mia vita in cui tutto è cambiato.

Mi accorgo rileggendola di quanto possa suonare artefatta questa frase, vagamente cinematografica, eppure è la perfetta verità. E' successo anni fa, ed anche se sembra passato così tanto tempo ricordo perfettamente l'attimo in cui tutto ha assunto un significato nuovo, diverso, migliore. Ad essere sincero l'immagine che la mia mente ha conservato inizia ad assomigliare ad una vecchia, sbiadita polaroid, con i dettagli che si fanno confusi... ma quegli occhi, quelli non posso dimenticarli, quelli li ricordo in maniera così nitida. Ricordo l'ansia che mi hanno provocato e i sentimenti che, senza chiedere il permesso e senza che me ne rendessi conto davvero, avevano preso possesso delle fibre più profonde del mio essere. Era uno sguardo sconosciuto eppure era come se fosse lì ad attendermi da sempre, la conoscevo ancor prima di incontrarla ed era una sensazione strana, imprevista. In quel primo istante ho capito di amarla e quel che è venuto dopo è stato solo un lungo quanto infruttuoso tentativo di convincermi che non fosse così, perché non poteva essere così.

Da allora ho ripensato spesso a quel momento e a tanti altri, e con maggiore intensità ci ho ripensato negli ultimi giorni, causa una lunga discussione con un caro amico sull'amore e le insidie che nasconde. Abbiamo vissuto storie diverse ma simili e parlarne, guardarlo, è stato come guardare me da una prospettiva che non avevo considerato, grazie ad un distacco che il vivere la mia vita in prima persona non mi permetteva. E' così che ho capito una cosa importante: io sono in cerca dell'Amore, da sempre, da prima ancora che capissi di stare cercando qualcosa, qualcuno. Si, la lettera maiuscola... lo confesso, non è un refuso perché quello che voglio è il sentimento puro, sincero, l'amore che ti fa sentire vivo davvero e che ti fa bruciare di passione come se il senso di una vita intera fosse racchiuso nel contatto delle tue labbra con le sue, l'amore che ti fa soffrire e che ad ogni risveglio ti fa temere che non possa esistere un domani se non con lei.

E poi ti accorgi che lei è andata via, perché non ti ha compreso, perché non era il momento giusto, perché non sei stato capace di tenerla legata a te, perché eri un passatempo, perché eri troppo (!!!) o troppo poco e perché un milione d'altre cose ancora. Ma ti rialzi, pian pianino rimetti insieme i pezzi e torni a vivere ripromettendoti di non fare mai più lo stesso sbaglio, di non concedere a nessun'altro il potere di spezzarti il cuore, consapevole che è solo un'altra bugia, che la ricerca non si è interrotta bensì è stata "sospesa per problemi tecnici" e che smetterai di cercare solo quando avrai trovato l'Amore.

ON AIR: Kate Bush - Wuthering heights

venerdì 25 settembre 2009

L'eterno ritorno

Sono tornato.


(Ma diciamolo piano, in un sussurro, poco più di un bisbiglio, che magari così sembra meno vero... che forse non lo sentirà nessuno e sarà come non esserci)


Sono stato via tanto, me ne rendo conto guardando un pelo più in basso la data dell'ultimo post. Ho affrontato questioni che andavano risolte mentre scappavo da altre per le quali soluzioni non vedevo.
E poi è successo che ho capito di non voler tornare perché la mia vita, cio' che realmente sono, non appartiene a questo posto. Vecchie sensazioni che ero convinto di aver rimosso e che invece giacevano latenti.
Così mentre ero a casa, quella vera, ho iniziato a pensare a quanto poco abbia costruito qui e a come quel poco si sia allontanato in cerca di nuove prospettive senza che potessi fare nulla per tenerlo ancorato qui, senza che nulla volessi fare perché sapevo che presto o tardi sarebbe successo, ed era giusto.

Ed ora che sono qui da qualche giorno appena già mi mancano colori, profumi e il calore di luoghi che sono come la tua maglietta preferita di quando eri bambino e sai che ormai non potresti mai metterla ma nonostante cio' non hai cuore di buttarla via.

Sono tornato... ma voi fate finta che non ci sia ancora per qualche giorno.


ON AIR: Timoria - Casamia

mercoledì 17 giugno 2009

Di cio' che era e che non sarà più

Sbagli, solo tanti sbagli.
Non sono perfetto, mi dispiace. Avrei tanto voluto esserlo, per te, per lei, per altri, per tutti. Non per me che non ne sento il bisogno.

Solo punti interrogativi in una testa che non ce la fa... su un corpo che non ce la fa.

Stanco da morire, di tutti, di me. Di quello che non sono più. Ditemi come si fa a tornare indietro, a dimenticare, a perdonare e farsi perdonare. Dove è nascosto l'entusiasmo, la voglia, la VOGLIA di un tempo che è stato e che ora a malapena ricordo.

Spento e sconfitto dal mio desiderare intenso e dal frapporgli ragioni che ora non so più considerare valide.

Quante cose ho perso? E chi posso biasimare se non me stesso?
Mai avrei pensato di poter camminare a spalle curve, mai ho considerato neppure lontanamente l'idea che un giorno mi sarei sentito sconfitto... oggi pero' è così e rialzarsi stavolta è duro, come se la pressione di passato, presente e futuro frullati assieme mi tenesse schiacciato al terreno.

Cerco di liberarmi di me, delle mie manchevolezze in nome di pregi che mi sono illuso di avere. Neppure io farei affidamento su di me.

Diventa tutto così inutile quando cio' che ritieni importante si allontana fino a perdersi all'orizzonte, là dove lo sguardo non puo' arrivare.

mercoledì 3 giugno 2009

Dell'acqua che vien giù dal cielo

Tic...

Una goccia, viene giù dal cielo. L'aria ha un profumo diverso quando sta per piovere, odora di... "bagnato", non saprei come altro dire.


Tic...

Guardo in su, e già, pare proprio che stia per mettersi a piovere. A dissipare dubbi e speranze residue un'altra goccia che mi è appena precipitata in un occhio. Mi sono sempre chiesto come sia statisticamente possibile che se alzi la testa quando sta piovendo è certo che resterai accecato.

Tic, tac, plinf, pluf...

Ora piove più forte, dovrei sbrigarmi a tornare dentro. Invece indugio, voglio restare per un po' qui, sotto l'acqua che mi scorre dalla testa lungo le spalle, fare da tramite tra cielo e terra. C'è una cosa che non faccio da tempo, non so nemmeno perché, ad un certo punto della ma vita, abbia smesso di farla. Probabilmente è la paura di rendermi ridicolo ("sei cresciutello per metterti a fare certe cose, non ti pare?" - "No, oggi no"), un'altra sciocchezza che continua a condizionare la mia vita.

Tic, tic, tiritiritiritiritiritiritiritic...

Col viso ancora rivolto al cielo e gli occhi chiusi apro la bocca, ho voglia di assaggiare la pioggia. So cosa state pensando: "in fondo è acqua, che sapore vuoi che abbia? Al massimo ti lascerà un retrogusto di gas nocivi!". Invece io penso che la pioggia abbia il sapore delle nuvole; è vero, personalmente non ho mai assaggiato una nuvola, ma mi piacerebbe farlo... quando il cielo è sereno le nuvole sembrano fatte di zucchero filato, devono necessariamente essere deliziose. E vorrei mangiarne una, solo per scoprire che hanno il sapore della pioggia, come è giusto che sia.
La pioggia ha il sapore dell'infanzia, degli ombrelli tenuti da mamma e papà, delle scarpe zuppe e dei pantaloni fradici, perché quando hai 6 anni e il cielo sembra così lontano la pioggia si ferma a terra, diventa pozzanghera in cui sguazzare, tentazione irresistibile di allungare almeno un piedino.


Tic...

Sarà meglio rientrare, non sono più un bambino. Oggi ogni goccia è un ricordo, di quelli che fanno male quando piove forte, di quelli che immalinconiscono quando è pioggerellina leggera e fitta.
Asciughiamo per bene la testa e torniamo alla solita vita, tra poco smetterà di piovere.

ON AIR: Billie Myers - Kiss the rain (acoustic)

martedì 26 maggio 2009

Del farsi trovare senza cercare

Sono a disposizione, raggiungibile attraverso svariati (fin troppi!) mezzi di comunicazione.

Ma non ho più voglia di cercare, nè di cedere, nè di preoccuparmi (quasi sempre inutilmente)


Chiamatemi e "sarete risposti"


ON AIR: The Clash - Should I stay or should I go

lunedì 18 maggio 2009

Del desiderio di avere sangue blu e altre fantasie

Salve a tutti, mi presento, sono V. [ogni riferimento a nomi o proprietari di blog realmente esistenti è puramente casuale] e sono un Principe Azzurro.

O meglio, lo ero. Si, perchè da ragazzo avevo un sogno, volevo una favola che parlasse di me, una favola che i papà avrebbero raccontato alle loro figlie prima di lasciarle addormentate a sognare un mondo di cui avrebbero potuto essere regine. Soprattutto, volevo una principessa da salvare e con cui poter vivere "per sempre felici e contenti". Per questo anni fa mi iscrissi all'Università delle Nobili Gesta, facoltà di principismo (nome stupido, pensavo, ma quel che importava era il risultato). A dispetto delle difficoltà mi laureai col massimo dei voti, corsi di galanteria, portamento, dizione, bacio romantico, tutti superati brillantemente.

All'epoca pensavo che il futuro sarebbe stato radioso, ma una volta fuori ho dovuto fare i conti con la realtà. Il mondo era pieno di principi di ogni colore (rossi, neri, verdi e chissà quanti altri), tutti con qualche potente santo in paradiso più di me. Le principesse sembravano essere tutte già prese ed io che sognavo un paese in cui splendesse sempre il sole e gli uccellini cinguettassero tutto l'anno ero riuscito a ottenere soltanto un impiego come principe CO.CO.CO. in un regno così piccolo che sembrava cercasse di soffocarmi.

Ciononostante non persi la speranza, ricordavo bene il mio sogno ed ero ancora ingenuo da credere che con costanza e buona volontà sarei riuscito a vederlo concretizzarsi. Così continuai a cercare, fino a trovare una principessa che sembrava in difficoltà. Ancora oggi mi chiedo come ho fatto ad essere così stupido, così cieco, saranno stati i suoi occhi dolci e profondi, chissà... sta di fatto che lei non aveva alcun bisogno di essere salvata ed io non me ne resi conto. Insistei, fui paziente, ci misi tutto me stesso, con l'unico risultato di rendere un mucchio di persone "infelici e scontente".

Il mio fallimento non passò inosservato; difatti al termine del mandato il mio contratto non fu rinnovato e mi ritrovai senza più un lavoro ma soprattutto senza quello che avevo da sempre voluto fare. Probabilmente avevo sopravvalutato le mie capacità, forse non era destino che diventassi un principe azzurro. Mi sentivo sconfortato, e solo... e più di tutto rimpiangevo la principessa che credevo mi avrebbe completato e reso felice. La sera, prima di addormentarmi, lasciavo che a cullarmi fossero i bei ricordi dei tempi andati, consapevole che durante la notte quelli brutti mi avrebbero svegliato di soprassalto.

Ma sapete come si dice, vero? Il passato è passato, e di sogni non si vive. Così ho venduto il mio cavallo per comprare un'incudine e ho deciso di diventare fabbro. E' un lavoro noioso, faticoso ma mi dà di che vivere e questo è più che sufficiente.

Questa è la mia storia, io sono V. e sono un ex-principe azzurro...



...ma nonostante tutto conservo ancora con immensa cura un vecchio baule, dentro c'è un vestito color turchese. A volte apro il baule e resto per un po' a fissarlo, con la speranza che un giorno tornerò a indossarlo...

ON AIR: Hammock - I can almost see you

mercoledì 6 maggio 2009

Delle assenze (s)forzate

Mi mancavi, sai?

Mi mancavano le tue mani che non mi hanno mai accarezzato. Mi mancava immaginarle muoversi sui tasti a comporre parole come riflessi di pensieri e desideri, di ansie e paure e gioie, di pentimenti e turbamenti.

Mi mancavano i tuoi occhi in cui non ha mai guardato. Mi mancava sentirmi scrutato, analizzato, a volte compreso ed altre un po' meno, mi mancava il tuo sguardo curioso che conosco d'istinto.

Mi mancava il tuo sorriso. Il suono di una risata che non ho udito e che pure riecheggia tra le nude pareti del mio cuore in affitto.

Mi mancavano la tua malizia e la tua innocenza, il tuo essere così ed anche diversa.

Perchè aldilà dello strano modo in cui ci siamo trovati "ormai ci sei, e quando non ci sei si sente".

ON AIR: Afterhours - Baby Fiducia

lunedì 4 maggio 2009

Del profondo io e di altre disfunzioni percettive

Una sedia.

Sola.

Al centro di una stanza.

Vuota.

E una lampada appesa giusto aldisopra.

Spenta.

Silenzio che si riposa.

Improvvisa, inattesa, una mano gira il pomello, spinge, apre e indaga il muro, sfiora le pareti candide in cerca dell'interruttore. Lo trova, e lo fa scattare.

Luce.

E una stanza vuota, e una sedia. Un corpo segue la mano, e una testa segue il corpo. La testa, e il corpo, e la mano, pensano "che strano, una stanza vuota... ed una sedia". Al centro esatto, che sembra messa lì a bella posta, che quasi non ci si crede, che ti fa venir voglia di partire dai quattro angoli e muovere un passo dopol'altro, tacco e punta, e contarli per vedere se davvero quella sedia è al centro, se è IL centro.

Un po' di timore, ma quel corpo è stanco e la testa lo spinge ad avanzare, per riposare, un momento solo.

"Siedi"


Solo. Su una sedia. Strana banale coppia.

Il corpo è immobile. Le mani immobili. La testa immobile. Se qualcuno entrasse ora potrebbe pensare che sia una statua di cera messa lì a bella posta per spaventare i visitatori. Ma la luce proietta il suo cono e a guardare bene si coglie il battito delle ciglia, inconsapevole contrazione. Se poi riesci a far silenzio, ma silenzio davvero, star muto, immobile, puoi sentire lieve il respiro e scorgere impercettibile l'alzarsi e abbassarsi del torace.

Solo. Su una sedia. Ma vivo. E al tempo stesso morto.

In una stanza. Vuota. Eppure familiare.

Guarda dritto davanti e a sè, guarda fuori da una finestra.

"Ma prima c'era già?"
"E se anche non c'era cosa importa?"


Fuori scorrono scene che conosce, ricordi di ciò che era, mentre il cielo ha il colore delle sensazioni di ciò che sarà. Mille sfumature di rosso, e viola, e sprazzi di verde e blu. Oro di sole caldo, lontano, e ancor più lontano un punto, nero di un nero che non è colore, nero di paura e sofferenza.

Le mani tornano a muoversi, scorrono lungo le gambe, si posano sulle ginocchia, fanno da puntello ed ecco, il corpo è di nuovo in piedi. La testa vuole uscire, le pareti iniziano a stringersi, l'aria pare soffocare più che recare sollievo.

Resta una luce.

Spenta.

E una porta.

Chiusa.

Prima o poi tornerà a sedersi su quella sedia, lo sa, è quello l'unico posto in cui può morire sperando di rinascere.

venerdì 1 maggio 2009

Credevo di essere diverso.
Di essere cambiato.
Di aver imparato...

Invece sono sempre [nebulosamente] io.

ON AIR: Marlene Kuntz - Sonica



...fragori e albori di guerre universali, scontri letali...

giovedì 23 aprile 2009

Del bisogno di cambiare e di altre debolezze

Un uomo di rabbia.

Che si lascia infastidire da quello che non può controllare e ancora di più da quello che egli stesso provoca.

Che crede in alcune cose e cerca di convincersi che in realtà non la pensa così.

Che ogni volta che affronta i suoi demoni ne esce irrimediabilmente sconfitto.

Che vorrebbe fare 1000 ed è così stanco e disilluso da riuscire a malapena a fare 10.

Che si domanda se c'è un senso, e quando il senso lo trova si domanda qual è il senso di quel senso.

Che prova sensazioni e non le butta fuori per paura che, e quando invece non prova nulla vorrebbe sapere dove sbaglia.

Che non è cattivo e invece dovrebbe, che non è insensibile e invece dovrebbe, che dice di lasciarsi scivolare le cose addosso e lo vorrebbe... ma all'atto pratico non ci riesce.

Che si comporta come un asociale perché è stanco della "socialità" che lo circonda.

Che scrive parole che poi non ha voglia di rileggere e che non pronuncia parole che vorrebbe urlare forte.

Che fuori cerca di essere comprensivo e presente anche quando dentro è vuoto e freddo.

Che si chiede come sta, univoco, perché un pensiero lì c'è sempre.

Che non ha più voglia di.

Che stringe i pugni troppo spesso.

Che si pente di tutti i suoi sbagli, ma di uno proprio no, non ce la fà davvero.

Che ancora immagina ciò che non sarà e si chiede cosa ne sarà... di lui... e del resto.

Che uomo è un uomo di rabbia?

ON AIR: Pino Daniele - Voglio di più


[...]
Io che ho visto un uomo

e una campana
stare insieme a gridare per ore
io che ho visto il mare
oggi sono stanco
[...
]

venerdì 10 aprile 2009

Tremiti

Un terremoto.
Un bella scossa per ricordarci che qui non siamo noi i padroni, che siamo solo affittuari e spesso neppure troppo graditi.

Un tremare e crollare per scoprire la solidarietà e il rispetto? Per rispetto non viene mandato in onda il "Grande Fratello", per rispetto nascono decine di gruppi sui siti di social network ed io mi chiedo: ci sono persone che hanno perso la casa, che hanno visto la propria vita crollare e ridursi in frammenti come i palazzi da cui sono miracolosamente riuscite a scappare, ci sono persone che hanno perso amici, familiari... qualcuno pensa davvero che si preoccupino se il "Grande Fratello" viene trasmesso o meno? O pensano che siano tutti lì a collegarsi ad internet per iscriversi ai gruppi di facebook che esprimono "solidarietà per le vittime della catastrofe" etc. etc.? Pensate davvero che le persone che ora vivono in accampamenti di fortuna si preoccupino se voi accendete delle candele e le tenete vicino alla finestra per una notte? Non vi sembra una cosa priva di senso? Serve forse ad acquietarvi l'anima e permettervi di dormire più sereni "perché vedete? io ho acceso una candela, non sono mica un insensibile!".

Io non ho ceduto, non mi sono iscritto a gruppi di sostegno virtuali, non ho listato a lutto la mia pagina, non perché non abbia a cuore quel che è successo bensì perché mi sembrano gesti così stupidi... così inutili. Ho pregato per chi non c'è più e per chi è rimasto (qualcuno potrebbe dirmi che anche questo è stupido ed inutile e forse non ha tutti i torti). Ho seguito e ammirato gli sforzi di chi si sta impegnando per dare una mano, professionisti, volontari, gente comune. Ho cercato di immedesimarmi in chi è rimasto, in chi è sopravvissuto e mentre lo facevo ho provato una sensazione di perdita tanto intensa da farmi venire le lacrime agli occhi.

Così ho realizzato che ciò che ho perso io al confronto è nulla, ma se mi ha fatto così male allora quello che provano queste persone deve essere una sorta di inferno in terra. E mi sono detto che non è giusto, è stato un grido muto che è venuto fuori dall'animo. E' questo il risultato di tanti errori? Ci saranno indagini che probabilmente non lo stabiliranno mai (siamo pur sempre in Italia, no?). Ci sono vite che sono cambiate, che non saranno mai più come prima.

C'è la mia vita che non è più come prima... rubando una frase a una canzone "non può essere mai come ieri" e non la forza con cui lo desideri non cambia certo la realtà.

Per tutti i sogni, grandi e piccoli, che la vita ha infranto...

ON AIR: XTC - Dear God



[...]
...sorry to disturb you,
but I feel that I should be heard loud and clear...
[...]

mercoledì 18 marzo 2009

Tira e tira, la corda si spezza. Della stanchezza aggettivante e aggettivata

E se dicessi che sono stanco? E se per una volta lo dicessi fuor di metafora?
Ecco, l'ho detto.

Sono stanco delle spiegazioni, delle giustificazioni, del silenzio, della comprensione, delle incomprensioni, dei silenzi, delle assenze, delle partenze, delle fughe, del rancore, dell'odio, dell'affetto e dell'amore.

Stanco di non capire, di parlare, di raccontare, di essere diverso, speciale (speciale?), singolare, sensibile, attento, premuroso, comprensivo, gentile, educato, disponibile, silenzioso, accorto, pulito, impunito, equilibrato, ormai frequentemente squilibrato, fedele, leale, timoroso e timorato (contenuto, sobrio, morigerato).

Stanco di accettare compromessi, di cercarli, costruirli, sopportarli per qualcosa che non c'è, che non c'era, che non ci sarà.

Stanco di essere un bravo ragazzo, di trattenere le parole, non parlare, non urlare, non insultare, non aggredire, discutere, acconciare, sistemare, non picchiare (non alzare le mani, giovanotto!). Non volere ciò che vuoi, non combattere per ciò che vuoi, non parlare con ciò che vuoi, non parlare di ciò che vuoi.

Stanco di tenere tutto dentro e sopprimere e comprimere, schiacciare, dimenticare... DIMENTICARE, e nel frattempo ricordare e rivivere e tornare a sanguinare, gocciolare, rosso e bianco, sangue e pavimento, niente altro negli occhi che ricordi di cose viste ieri e comprese oggi.

Stanco di non guardare, non parlare, non chiamare, non cercarmi, non lo fare, non si può, non è il caso, non sei tu, non ho voglia, non ti amo, non lo avevi capito?, non lo so, non lo dire, non esiste, non è tempo, non aspettare, non sperare (o sarai l'ultimo a morire).

Stanco di me, stanco di te, stanco di noi, ma quale noi? Stanco di un voi che non mi piace, stanco di essi che hanno goduto dello spettacolo senza pagare e sono usciti dal teatro senza applaudire.

Sono stanco di tutti gli aggettivi che ho elencato, di quelli che ho dimenticato, di quelli a cui non ho pensato, di quelli a cui hai pensato tu.

lunedì 16 marzo 2009

Ma 'ndo vai (se la banana non ce l'hai): cronaca di una morte annunciata (e di una resurrezione prospettata)

E' un attimo.

Inevitabilmente succede quando non te lo aspetti. Sei lì che ti godi il calore del sole pensando che forse si, forse finalmente sta arrivando la primavera e i prati stanno tornando a colorarsi di chiassose macchie di gente e forse il peggio è passato.


Poi però succede.

Ti fermi, i piedi inchiodati a terra, le gambe che sembrano pesare tonnellate, neanche fossero di piombo. Sciopero dei muscoli che non vogliono accondiscendere al desiderio di un cervello stanco e disperato, stressato e fin troppo stretchato, di allontanarsi il prima possibile, il più in fretta possibile.

In un attimo.

Il tempo di rendersi conto di chi sei e dove sei. Fare mente locale, focalizzare, vedo quel che vedo o è lo scherzo poco divertente di una mente sull'orlo di una crisi di nervi? Gli occhi saettano a destra e a sinistra cercando una via d'uscita alternativa che non c'è. Ormai ci sei dentro, una volta attraversate le forche caudine non c'è modo di voltarsi e tornare indietro. "E' una trappola, ragazzo, e tu ci sei cascato con tutte le scarpe!". E tu vorresti essere invisibile, al diavolo i sogni e le speranze di una vita, ora desideri unicamente essere Harry Potter, ti basterebbe anche essere solo un suo amico, perché se gli amici si vedono nel momento del bisogno ora hai un fottuto bisogno di quel fottuto mantello magico e di far finta di nulla;  invece invisibile non sei, occupi spazio, sei materia che si muove, carne, ossa, muscoli e nervi, cuore che batte così forte da pensare che chi ti sta intorno, sentendo il rumore di rullante, si giri a fissarti quando passi.

Farsi coraggio, che ci vuole?

Più semplice a dirsi che a farsi, ormai però sei stato individuato e agganciato, bersaglio (im)mobile, così facile da colpire che dopo un po' non dà neanche più soddisfazione. "Ormai è andata" pensi, "sii più indifferente che puoi, fai finta che non ci siano tutte queste persone... ma perchè non vanno a fare quello che devono fare?!?".

Un passo alla volta.

Senza fretta, e respira, accidenti! Tra i mille pensieri confusi ne spunta fuori uno, il più improbabile, e ti vedi mascherato come a Carnevale, uno schiaccianoci gigante capace di rompere una noce senza difficoltà tanto forte stai stringendo i denti. Assurdo? Si, ma almeno hai deviato l'attenzione e la tensione dalla situazione, mica poco!


E sorridi, santo Dio! Non sei mica a un funerale!!!

Vero, inserire tra le cose da fare nel prossimo secondo "stamparsi in faccia un bel sorriso". Ecco, così va bene... piuttosto forzato ma vista la situazione non ti si può certo chiedere di più. Vai ora, da bravo, saluta, sempre educato, pensa cosa direbbe mamma se sapesse che non ti comporti come ti ha insegnato.

Cammina, continua a camminare.

E stacca quegli occhi altrimenti tutta questa messinscena a cosa serve? Non guardare così, ti si legge come un romanzo giallo di seconda categoria, di quelli che sai già chi è l'assassino prima di leggerlo, a volte prima ancora di aprirlo! Dì qualcosa ma tieniti sul vago, anche se per la testa ti passa un'unica frase come se avessi attaccato alla fronte un display a led a scorrimento, "voglioandareviavoglioandareviavoglioandarevia!". Biascichi qualcosa del cui significato non sei del tutto convinto, che figura da cioccolataio!

Prima regola, non voltarsi indietro.

Anche se vorresti farlo, anche se le cose intelligenti da dire e quelle eclatanti da fare saltano su giusto un attimo dopo quello giusto. Non si torna indietro, stavolta no. Chiudi tutto a chiave, almeno due mandate grazie. Libera il pensiero, se oggi fà male domani ne farà meno. Torna fuori, lo vedi? Il sole è ancora lì.

giovedì 12 marzo 2009

Quando a non parlare con la gente inizi a pensare di essere pazzo

Ciao blog, come stai?
Certo che è da un bel po' che non ci si sente. Cosa hai fatto in tutto questo tempo? Te la sei spassata? Ti sei fatto leggere da mille persone? Da cento? Almeno da dieci, dai... no??? Scusami ma non riesco a crederti, sei un tipo così interessante! E poi sobrio, elegante. Ho visto che non hai più immagini nell'intestazione, hai ragione, questi siti di hosting non sono affidabili, una paio di mesi e ti cancellano tutto ma tu non ci pensare, troveremo un altro sistema e magari una nuova copertina.

Come sto io? Bene credo. In effetti è parecchio che non faccio un giro da queste parti, hai ragione, avrei dovuto farmi vivo ma non me la sentivo e se proprio vuoi saperla tutta non so neppure il perché. Eppure abbiamo sempre avuto un bel rapporto. Sai, forse il problema è che ti ho raccontato troppo quando tutto era troppo intenso e ora che mi sento... come dire... svuotato, mi sembrava così banale tornare e parlarti del tempo, o della crisi, o magari di qualche partita di calcio. Io e te siamo abituati a conversazioni molto più profonde e non volevo sminuirti.

Però è da un po' di tempo che mi sento pensieroso, le solite cose, lo sai. Troppo spesso mi capita di avere un approccio anche eccessivamente cerebrale a quel che mi succede e questo è il risultato. Credo che il problema sia che ho tagliato i ponti con buona parte delle persone che mi stanno attorno e più mi comporto così più mi rendo conto di non avere voglia di comportarmi diversamente.

Non parlo di me, non più. Farlo significherebbe ricominciare ad esporsi ed io non voglio farmi male di nuovo. Non c'è neppure bisogno di dire che tu rappresenti una eccezione, sei forse l'unico con cui sono sempre stato sincero, enigmatico a volte, a volte evasivo ma sincero.

Ti dico qualcosa che so non ti piacerà sentire: mi sforzo di far finta che non sia così, come quando pensi tanto intensamente a qualcosa da convincerti che sia vera, ma al passato ci penso ancora. Immagino dipenda dal mio assurdo modo di essere, da questo continuo sperare che ad ogni minuto, ad ogni secondo che passa le cose possano cambiare. Non sono capace di costringermi a smettere di sperare anche se dovrei.

Così da una parte penso alle sere che sono stato bene e a quelle in cui sembrava tutto sbagliato e inutile e fuori luogo e insensato e dall'altra mi domando ancora perché. C'è di buono che ora riesco a vedere che non sempre sono stato trattato come merito eppure questo non mi consola. Non provo rabbia, questo no, solo una gran tristezza.

Ecco, lo sapevo che avresti disapprovato. Dai, non fare così, le cose cambieranno. E non c'è bisogno di sottolineare che te l'ho detto mille volte senza che poi ci siano stati evidenti rinnovamenti! Facciamo così, prometto di passare un po' più spesso e di iniziare a scavare, che da qualche parte sono sicuro di avere ancora qualche semino di volontà.

mercoledì 11 febbraio 2009

Scrivere Libero II - quello che vedo da una finestra

La mia finestra preferita è quella della mia camera. E' la mia finestra anche se non ha nulla di eccezionale, tuttaltro. E' circondata da alti palazzoni che le nascondono il cielo se non fosse per una fessura, uno squarcio nella città che si apre sull'orizzonte lontano.
Dalla mia finestra, quando viene la sera, posso guardare in quel taglio sottile il sole che tramonta. E' uno spettacolo sempre nuovo, ogni giorno diverso.
La mia finestra mi piace soprattutto nelle sere primaverili, dopo una giornata limpida di sole, quando posso sedermi sul davanzale dopo averla aperta e lasciarmi sfiorare dalla brezza sottile della sera, quasi ipnotizzato dagli ultimi caldi colori di un cielo che lentamente si fa scuro. In quei momenti mi sento in pace, è come se le preoccupazioni perdessero consistenza, come se avessi trovato il mio posto nel mondo.
Questo è quel che vedo dalla mia finestra, questo il motivo per cui amo ogni finestra.

Per Scrivere Libero, II edizione

martedì 27 gennaio 2009

Ricordando di non dimenticare

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Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.


(Primo Levi, "Se questo è un uomo")

mercoledì 21 gennaio 2009

Music from the past

Ho ascoltato per la prima volta questa canzone tanto tempo fa, quando ero ancora un ragazzino. Ricordo il senso di malinconia che non riuscivo a spiegarmi e che pure mi lasciò dentro.

L'ho sentita di nuovo oggi che ho sulle spalle qualche anno in più, nuove esperienze negli occhi e nell'animo cicatrici che a volte fanno ancora male... e l'ho sentita mia come all'epoca non avrei potuto, ed ho sentito il calore delle lacrime che ho smesso di versare e che a volte ancora offuscano la vista.

ON AIR: The Beatles - The long and winding road

The long and winding road
(La strada lunga e tortuosa)
That leads to your door
(Che conduce alla tua porta)
Will never disappear
(Non scomparirà mai)
I've seen that road before
(Ho già visto questa strada)
It always leads me here
(Mi conduce sempre qui)
Lead me to you door
(Mi conduce alla tua porta)

The wild and windy night
(La notte selvaggia e ventosa)
That the rain washed away
(Che la pioggia ha lavato via)
Has left a pool of tears
(Ha lasciato una pozza di lacrime)
Crying for the day
(mentre piangeva per il giorno)
Why leave me standing here
(Perchè mi lasci qui ad aspettare)
Let me know the way
(Indicami la strada)

Many times I've been alone
(Sono rimasto solo molte volte)
And many times I've cried
(E molte volte ho pianto)
Anyway you'll never know
(Ad ogni modo non saprai mai)
The many ways I've tried
(I molti modi in cui ho tentato)

But still they lead me back
(Ma mi riportano ancora indietro)
To the long and winding road
(Alla strada lunga e tortuosa)
You left me standing here
(Mi hai lasciato qui ad aspettare)
A long long time ago
(Tanto tanto tempo fa)
Don't leave me waiting here
(Non farmi aspettare)
Lead me to your door
(Conducimi alla tua porta)

venerdì 16 gennaio 2009

L'imprevisto

Mi fai male, lo sai?

Anche così, anche a distanza di tempo.

Perché se quando ci sei la tua presenza si avverte, quando sei lontana resta la tua assenza... e PESA.

Se è vero che niente di quello che potresti dire avrebbe più senso perchè sono ancora qui ad aspettare che tu lo dica... ad ascoltare un silenzio che vale più di miliardi di parole?

"Mi dispiace" --- [ Anche a me ]
"Non volevo finisse così" --- [ Pensa quanto lo volessi io! ]
"Sei importante" --- [ Ma non abbastanza ]
"Ti voglio bene" --- [ ... ]


Frasi di circostanza? O solo la giusta conclusione di circostanze sbagliate?

Sei sempre stata la domanda, mai la risposta...

lunedì 12 gennaio 2009

Per ogni andata c'è un ritorno

Così alla fine sono di nuovo qui.
Un nuovo anno come tanti altri anni, un nuovo inizio come tanti altri inizi.
Questa volta però non avevo nessuna voglia di rientrare, ho sentito forte la sensazione di non appartenere più a questo posto. O forse no, forse volevo semplicemente continuare a tenere una considerevole distanza di sicurezza, a farmi proteggere da qualche centinaio di chilometri d'Italia.

Ho sviluppato una teoria.
Il pensiero viaggia in direzione di ciò che ha più vicino. Tralasciando le contingenze che devono per forza di cose avere la priorità, per me cambiare regione equivale a cambiare modo di pensare. E' come se l'attraversamento dell'immaginario confine geografico mi facesse scattare uno switch nel cervello. Inizio a pensare, finalmente, ad altro, e in un certo senso ciò mi fa sentire libero.

Anche per questo tornare non è stato troppo piacevole.
Aldilà della casa, degli amici, delle strade calpestate per una vita, dei suoni e dei rumori familiari, della terra in cui le mie radici si fanno sempre più profonde, aldilà di tutto c'era il timore di ritrovare i vecchi pensieri. E dal momento che non so come fronteggiare quello che mi circonda, che da me fuoriesce, ho deciso di smettere di obbedire alla legge di azione e reazione, senza sovrastrutture inutilmente fastidiose.

Sono tornato e, visto che non avrei potuto fare altrimenti, va bene così.