venerdì 21 dicembre 2007

Favole senza happy ending

C'era una volta un ragazzo, aveva la sua vita, i suoi amici, era simpatico, un po' timido ma molto gentile. Gli piaceva stare in compagnia, chiacchierare, a volte sentirlo parlare era un piacere. Amava alla follia un oggetto sferico che alcuni chiamano "pallone", non riusciva a fare a meno di prenderlo a calci e quando qualcuno lo invitava a giocare il suo volto si illuminava.

Un giorno però quel ragazzo, che per comodità chiameremo V., si svegliò con la sensazione che gli mancasse qualcosa, cha la sua serenità, la tranquillità che aveva cercato di costruire attorno a sé, non fosse completa. Sentiva la spinta verso un qualcosa -un qualcuno- che non riusciva a identificare.

Intraprese dunque una lunga ricerca, attraversò posti tanto familiari da poterli chiamare casa, paesi esotici abitati da strani popoli di cui spesso non riusciva a capire lingua e usanze, splendide terre baciate dal sole e da acque limpidissime, boschi fitti come frontiere invalicabili per la città, senza tuttavia trovare ciò cui agognava.

Ogni volta che credeva di essere vicino alla meta del suoo lungo peregrinare scopriva di essersi sbagliato, di aver raggiunto non il traguardo, bensì un nuovo punto di partenza, tanto che ormai disperava che la sua ricerca sarebbe stata mai coronata dal successo.

In preda allo sconforto, in una notte che forse a causa di un malefico incantesimo gli sembrava infinatamente lunga e incommensurabilmente dolorosa, chiese consiglio ad una strana vecchina. Alcuni abitanti del villaggio in cui si era fermato a riposare dicevano avesse le risposte a tutte le domande, così V. le si avvicinò timoroso quanto speranzoso e, cercando di raccogliere tutto il coraggio che aveva, l'apostrofò così: "buonasera cara signora, mi dispiace disturbarla. So che l'ora è ormai tarda ma troppi dubbi affollano la mia mente e non riesco a dormire. Mi hanno detto che lei è la persona più saggia del reame e, se questo è vero, la prego di perdonare la mia insolenza ma avrei delle domande da farle". La veneranda donna rivolse gli occhi scuri e profondi verso V., il suo viso era solcato dalle rughe ma quegli occhi erano penetranti più di lame affilate, e nonostante ciò dolci come quelli di una madre davanti al proprio figlio, e parlò: "bel giovanotto, che non riesci a dormire lo vedo, siamo noi vecchi di solito a vegliare sul mondo la notte, per riconsegnarlo a chi ha ancora tutto da vedere alle prime luci dell'alba. Invece tu sei qui davanti a me... e mi parli... non sei un sogno, vero?...".

"Credo proprio di no" 
le rispose perplesso V., iniziando a domandarsi se aveva fatto bene ad affidare un problema così importante alle cure di una nonnetta simpatica ma con qualche rotella fuori posto. Al che la donna continuò: "se non sei un sogno devi avere qualcosa che ti turba profondamente, il tuo sguardo è rivolto verso me ma i tuoi occhi e la tua mente sono lontani da qui. Io ne ho viste di cose... so cos'hai... tu stai cercando l'Amore".

V., stupito da quella risposta inattesa, riuscì solo a balbettare parole senza senso, così la vecchietta riprese: "non meravigliarti, come ti ho già detto ho visto molte cose durante la mia lunga vita ed anche se adesso ne parlo col sorriso e un pizzico di nostalgia ricordo bene cosa si prova ad essere giovani, quando si desidera avere accanto una persona che condivida gioie e dolori". Il giovane, ripresosi dallo stupore, riuscì a domandare: "e dove posso trovarlo questo Amore? Vago da un posto all'altro da così tanto tempo e ancora non ho trovato nulla che mi faccia stare meglio!".
"Ragazza mio, l'Amore non si trova, a lui non piace essere cercato, preferisce cogliere la gente alla sprovvista, di sorpresa, perché si nutre di spontaneità. Non puoi vederlo, né sentirlo, ma quando arriverà sta pur certo che te ne accorgerai", e così dicendo l'anziana signora si voltò e si incamminò verso casa, illuminata dal tenue chiarore del giorno nascente.

V., senza parole, rimase lì dove l'aveva lasciato la donna a lungo, ripensando a quelle parole. Non riusciva a comprenderle pienamente ma sentiva che erano vere, che tutto quel girovagare era inutile, così decise di tornare a casa. Mentre era sulla via del ritorno si imbatté in alcuni amici che non vedeva da tempo e si fermò a salutarli, felice di quell'incontro inaspettato. Insieme a loro c'era una bellissima fanciulla (il cui nome taceremo... il sentimento va tutelato, rispettato, protetto!), aveva forse qualche anno meno del nostro V. il quale, non appena incrociò il suo sguardo, provò una strana sensazione di disagio che non riusciva a spiegarsi.

Preso in disparte uno degli amici V. gli chiese: "senti un po', chi è lo splendido fiore che vi si accompagna?". "Bella eh?" rispose l'amico dandogli di gomito "è la figlia di un importante signore di una città vicina, come sai il buon P. è nato lì, la conosce da quando era una bimbetta e ha deciso di portarla qui per farle vedere il posto in cui viviamo. Sai, se dovesse piacerle potrebbe anche trasferirsi qui!".
"Spero proprio che succeda" pensò tra sé e sé V., e dopo essersi accomiatato raggiunse finalmente la sua dimora e il letto che lo aveva atteso invano tutta la notte.

Tuttavia non gli riusciva di prendere sonno, ripensava a quegli occhi, e al brivido che aveva sentito quando li aveva fissati, solo un attimo, possibile che fosse quello l'Amore di cui parlava la vecchia?
Il destino volle che effettivamente la fanciulla decidesse di trasferirsi nella città di V. e per giunta non lontano dalla sua casa. I due iniziarono a vedersi spesso, diventarono amici, parlarono a lungo di così tante cose, scoprirono di non essere poi tanto diversi uno dall'altra.
V. ormai lo sapeva, quello che aveva solo intuito era la verità, si era innamorato di quella ragazza fino a pochi giorni prima sconosciuta; non sentiva più il desiderio di ricerca, la mancanza di qualcosa -qualcuno-, aveva solo voglia di trascorrere il suo tempo con lei. 

Per un po' di tempo tutto andò bene, i due giovani erano felici e la gente del villaggio sorrideva della loro contentezza pensando "sono proprio una bella coppia!". Ma le cose più belle e delicate sono anche le più facili da rompere e presto la ragazza decise di tornare alla sua terra natia, lasciando il povero V. triste e solo, di nuovo afflitto da un senso di mancanza ancora più forte di prima. Era stato abbandonato e non riusciva a darsi pace, così decise di tornare a parlare con la nonnina.

Era trascorso un anno dal loro primo incontro ma la ritrovò esattamente dove ricordava, lungo la stessa strada, e la cosa non lo stupì minimamente. "Ciao giovanotto, come stai?" esordì la donna, e prima che V. potesse rispondere continuò "lascia stare, la mia domanda è del tutto superflua, lo vedo benissimo. A quanto pare alla fine hai trovato quello che cercavi, sono contenta per te". Mentre pronunciava queste parole aveva un sorriso comprensivo sul volto. Il nostro giovane allora le urlò: "mi chiedi come sto? Certo non bene! Ho cercato l'Amore perché credevo mi avrebbe fatto star bene e invece guarda, sto peggio di prima!!!". La vecchietta, senza smettere di sorridere, gli rispose: "vedo, vedo. Te lo si legge negli occhi, sei stato innamorato e abbandonato... ma non l'hai ancora dimenticata, è per questo che soffri così tanto. Dici che l'Amore ti ha fatto stare peggio? Pensa ai bei momenti che avete trascorso insieme, anche allora stavi male? Ciò che ti fa star male è la sua assenza, ti comprendo, ma vedrai che col tempo il dolore passerà. L'Amore invece, quello non passerà mai, lei sarà parte di te per sempre, non credi che sia il dono più grande che si possa fare a una persona?".

Queste parole avevano calmato V. "La nonnina ha ragione" pensava, e questa idea gli era di grande conforto. Spesso però la sera, quando tutto attorno era solo silenzio, pensava all'Amore che aveva perduto e allora si sentiva invadere dalla tristezza per gli errori commessi. Qualche volta aveva preteso troppo e, anche se senza volerlo, aveva ferito la sua amata fanciulla.


ERRATA CORRIGE
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Il protagonista di questa storia non è mai stato il Principe Azzurro, anche se avrebbe desiderato esserlo.
Non sempre quel che inizia con "C'era una volta..." finisce con "...e vissero tutti felici e contenti", anche se lo desideri più di ogni altra cosa al mondo.
Non è così semplice darsi per vinti quando la puntata che hai messo in gioco è più alta di quanto tu possa coprire.

martedì 18 dicembre 2007

Per Cri

Buonasera a tutti, scrivo questo post dopo essere stato minacciato di atroci sofferenze fisiche nel caso mi fossi rifiutato di farlo. Fatta questa breve ma doverosa premessa andiamo a cominciare...

La vita è così, è fatta di arrivi e partenze, di addii e arrivederci, di saluti abbozzati e commiati strappalacrime e qualche mese fa ho avuto modo di sperimentarlo di persona. E' difficile da accettare ma anche le persone a cui vuoi bene e che vorresti sempre presenti accanto a te crescono e scelgono di incamminarsi lungo la loro strada; a volte possono restare così vicine che se allunghi una mano puoi sfiorarne i volti, altre invece si allontanano tanto da confondersi con la linea dell'orizzonte.

Quando l'ho salutata per l'ultima volta non mi pareva vero che quella che per me era ancora la ragazzina dolce e ingenua che avevo conosciuto stesse per iniziare una nuova avventura, sola, obbligata a mostrare al mondo la grinta e la capacità che io già conoscevo. E' passato del tempo, le nostre esistenze hanno proseguito lungo le direzioni che abbiamo intrapreso e oggi, a distanza di qualche mese, hanno avuto l'occasione per riavvicinarsi.

Ha bussato alla porta con delicatezza, quasi con timore, ed io quella porta l'ho spalancata perchè nell'attimo stesso in cui l'ho salutata ho sentito quanto mi era mancata la sua presenza, la quotidinità, anche solo un suo saluto durante il giorno.

Avrei voluto dirle e chiederle mille cose contemporaneamente eppure so che una sola era la domanda che sentivo di dover davvero fare: "come stai?".
E la risposta l'avevo già intuita, non poteva essere diversa... "bene"... e nonostante sapessi che mi avrebbe detto quello sono stato felice di sentirlo.

Tutto quello che succede non conta, non importa quanto lontana sei, tutto quello che ho bisogno di sapere è che stai bene!


P.S. e magari che sei follemente innamorata di me, ma questo non diciamolo a nessuno... :P

Inverno

Ogni volta che c'è un'incontro è destino che si presto o tardi arrivi il momento del distacco. E a me pesa.

Sono irrazionale ma anche un arrivederci prolungato causa festività natalizie ha per me il sapore di fiele dell'addio.

Eccolo... sento tornare un senso di malinconia che avevo accantonato da un po' di tempo e contro cui sono stanco di combattere. Lascerò che le sensazioni trovino da sole la strada per uscire, senza più celarle dietro un'indifferenza così contraffatta che nessun ambulante riuscirebbe a venderla, senza spingerle fuori con rabbia cercando di spostare il raggio gravitazionale dei pensieri. Ormai sono mature abbastanza per fare tutto da sole.

Per canto mio resterò a guardare, mentre fuori piove e sembra che le strade nude piangano di solitudine, afflitte dal silenzio. Guarderò partire le parti più sensibili del mio cuore, quelle che hanno fatto da argine alle onde più impetuose senza mai lamentarsi, continuando a fare il proprio sporco mestiere.

Spero che chi si sta allontando senta quanta parte di me trascina con sè, che intuisca il peso che comportano certe costrizioni, anche se sono inevitabili, anche se sono giuste. Cerco solo scuse... come sempre, tutta colpa di questa dannata malinconia!

Immagino il giorno in cui tutto questo sarà passato e... e no, mi dispiace infinitamente ma il resto di questa storia è mio.

giovedì 13 dicembre 2007

Coscienza CO.CO.CO.

Buonasera a tutti, sono la "voce della coscienza" del proprietario di questo blog. Sapete, non mi sento affatto utile da un po' di tempo a questa parte, il mio protetto è un caso disperato, è probabile che non si sia ancora neppure reso conto di essere pericolosamente vicino al quarto di secolo, difatti continua a comportarsi come un ragazzino.

Se devo essere proprio sincera a volte mi stupisce ancora, quando ci si mette sa essere delicato, gentile, disponibile, in rare circostanze addirittura intuitivo! Il problema sono le giornate no, e ultimamente ce ne sono state parecchie; si chiude in sé stesso e quando io cerco di fare il mio lavoro mi ripete che ho ragione -mi da il contentino! a me!!!- solo per continuare a costruire roccaforti di nulla.

Vi chiedo di perdonarlo se a volte sembra intrattabile, irascibile, indisponente. Vi assicuro che tutto sommato è un buon diavolo, non ha mai desiderato il male di nessuno e tutto nasce dalla traumatica transizione legata a un lungo periodo di confusione.

Il vero motivo per cui ho deciso di scrivervi però è un altro e se mi concedete ancora un paio di minuti intendo spiegarvi tutto. Vista la situazione che immagino ormai riusciate a intuire vi chiedo: voi una coscienza l'avete già? Si si, può sembrare una domanda strana ma non vi sto prendendo in giro, ho visto con i miei occhi che una coscienza nelle persone è più rara da trovare di una cintura di D&G.

Insomma, avete capito, mi sto proponendo come "coscienza supplente" per chi di voi dovesse averne bisogno, e per dimostrarvi che so fare il mio lavoro chiedetevi questo stasera... siete contenti di voi? Credete di aver fatto tutto l'indispensabile e magari anche il superfluo? Potete affermare in tutta onestà di non avere rimpianti? Quando il mio pupillo mi diceva di si mi sentivo così orgogliosa di lui perchè sapevo quanta fatica gli era costato rispondere alle mie domande.

Oggi lui continua a ripetere che una coscienza è solo una zavorra troppo pesante da trascinarsi dietro per una vita intera. Se c'è qualcuno che non la pensa così può contattarmi, anche qui se desidera, risponderò a tutte le richieste appena possibile!


Un'ultima cosa prima di svanire lasciandovi una scia di fumo e la sensazione di aver appena letto gli sproloqui di un pazzo... pentitevi dei vostri peccati se non volete essere fulminati! C'è sempre qualcuno più grosso e cattivo di voi...

lunedì 3 dicembre 2007

Ritratto di uno sconosciuto

Cursore che lampeggia sullo schermo in attesa che il movimento febbrile di dita generi parole inascoltate e inascoltabili. Pagina bianca che illumina una stanza immersa nel buio. Trova conforto nella scrittura, rumore familiare di dita che corrono veloci sui tasti, monotonia musicale. Scrive perchè non ha molto altro da fare, questo almeno è quello che racconta agli altri... è un hobby, un piacevole diversivo, un modo per combattere una noia profonda.

In realtà quello che non dice quasi a nessuno è che il suo rapporto con le parole è molto più profondo. Intenso, appassionato, quasi fossero una, cento, mille donne che si contendono il suo amore. La sua mente le accarezza, le sfiora, le culla, le sceglie con cura maniacale per formare frasi, e periodi, e storie. Le ama solo per poi scoprire di odiarle ogni volta che vengono fuori di getto rompendo i filtri che ha sempre costruito tra sè e il mondo, quando rivelano ciò che è davvero, quando senza pudore mostrano -chiara come lenzuola stese ad asciugare nel sole di agosto- la sua anima. Le odia quando si nascondono, timide, spaventate dalle implicazioni nascoste tra significati e significanti.

Una penna e un foglio lo trasformano in un Don Chisciotte senza più illusioni, lancia e scudo di un cavaliere appartenuto a un mondo cancellato dal tempo, tanto legato ai suoi sogni quanto incapace di continuare a crederli realizzabili. Ha combattuto le sue battaglie, sfidato mulini, solo per scoprire che lottare contro il vento non ha senso, meglio lasciare che ti accarezzi il viso, che porti via sulle sue ali leggere le urla di rabbia e con esse il dolore. Meglio ascoltare il buon Sancho, delle volte dà l'impressione di essere un sempliciotto ma a pensarci chissà, in quel suo modo di fare scherzoso erano nascoste così tante verità.

Oggi però non ha niente di cui parlare, sta attraversando una fase in cui stanchezza e sconforto hanno sconfitto la volontà. Così ogni pagina diventa il suo strumento per fissare ricordi, emozioni, come quella volta che... o quell'altra quando disse... niente di nuovo insomma; è convinto che non è tempo di iniziare qualcosa di nuovo, sente di non essere abbastanza affidabile e qualunque cosa nascesse sotto queste premesse che futuro potrebbe mai avere?

Vorrebbe che il passato fosse passato, vorrebbe dimenticare, tornare a non sognare più; sa che sono solo sogni ma è un pensiero che non gli è di molto conforto tutte le mattine in cui si sveglia con la sensazione di aver perso di nuovo ciò che di più importante aveva... e vi posso assicurare che per lui non deve essere facile: provate solo a immaginare un continuo ritrovarsi nelle morbide tinte di un sogno che profuma di verità, solo per poi aprire gli occhi e scoprire che tutto è come prima, niente è uguale a prima... mentre chiudete gli occhi con forza, a un passo dalle lacrime, sperando di poter riportare indietro qualche frammento di quelle immagini evanescenti.

Ha il petto gonfio di desideri, ambizioni, speranze, scrivendone allenta la tensione provocata dalla loro morsa, nel tentativo di prolungare una fanciullesca spensieratezza al di là  delle costrizioni anagrafiche. Di tante cose ha scritto mostrandole orgogliose al mondo in cerca di un consenso. Alcune cose però le ha tenute per sè, le ha accartocciate, spiegazzate, le ha riposte in un angolo a cui è negato l'accesso a chiunque, troppo orgoglioso per mostrare quanto è profonda la sua insicurezza, ancora troppo debole per tornare ad offire il proprio cuore al pubblico ludribio.

Così scrive, ed ogni volta che lo fa il tempo si dilata e lui si sente libero. Di esprimere, di creare -demiurgo della parola- una nuova realtà, o semplicemente un'altra realtà.  Non finzione, non invenzione, non sofistica ricerca dei giardini dell'Eden, solo la propria realtà, in cui se hai fiducia, se ci credi, non è mai troppo tardi perchè le cose cambino.

"Uno scrittore è così" mi ripete spesso, anche se so per certo che non conosce un gran numero di veri scrittori; dunque forse sarebbe meglio dire che lui è così, non può fare a meno di guardare alla vita come se fosse un romanzo. Chissà, domani potrebbe voltare pagina e scoprire che la trama prenderà una piega inaspettata, del resto non è forse la vita la più fantasiosa delle sceneggiatrici?

Adesso non se la sente di pensarci, io che un po' lo conosco posso dire che si sta trascinando faticosamente lontano da qui, sta accettando una sconfitta compresa ma mai accettata anche se forse preferirebbe rimanere e combattere fino alla fine, invece è qui davanti a me che chiude gli occhi e desidera ardentemente che per pochi istanti ancora immagini del passato coprano il presente...

domenica 2 dicembre 2007

Diari della bici con le rotelle

SCENA: un giorno di sole qualsiasi di una stagione qualsiasi di una città qualsiasi in un posto qualsiasi dove fare quattro passi o fermarsi a chiacchierare.

PROTAGONISTI: nonna, bimbo in passeggino, una lei, un lui.

ATTO I, SCENA I
NONNA: visto che bella giornata? Oggi che la mamma ha da fare ti porto a fare una passeggiata, così pigli un po' d'aria!
BIMBO: nghè, nghè...
LEI: ma che bel bimbo! Ciao cucciolo, come ti chiami?
NONNA: si chiama (scegliete un nome a vostro piacimento, non ho voglia di fare sforzi di fantasia), la mamma aveva degli impegni e quindi tocca alla nonna portarlo a spasso.
LUI: lascia stare quel povero bambino, non vedi come sta tranquillo? Perchè lo devi spaventare?
LEI: ma che dici? Guarda che noi siamo belli, mica come te!!!
BIMBO: gah gha, ah.. bababa...
NONNA: signorina, ma che dite, voi siete una bella ragazza ma anche lui è un bel giovanotto... siete proprio una bella coppietta!

Lei, imbarazzata, farfuglia qualcosa, mentre lui se la ride sotto i baffi (che non ha, è solo un modo di dire). Dopo i saluti di rito nonna e bimbo vanno via, e la storia continua...