mercoledì 18 marzo 2009

Tira e tira, la corda si spezza. Della stanchezza aggettivante e aggettivata

E se dicessi che sono stanco? E se per una volta lo dicessi fuor di metafora?
Ecco, l'ho detto.

Sono stanco delle spiegazioni, delle giustificazioni, del silenzio, della comprensione, delle incomprensioni, dei silenzi, delle assenze, delle partenze, delle fughe, del rancore, dell'odio, dell'affetto e dell'amore.

Stanco di non capire, di parlare, di raccontare, di essere diverso, speciale (speciale?), singolare, sensibile, attento, premuroso, comprensivo, gentile, educato, disponibile, silenzioso, accorto, pulito, impunito, equilibrato, ormai frequentemente squilibrato, fedele, leale, timoroso e timorato (contenuto, sobrio, morigerato).

Stanco di accettare compromessi, di cercarli, costruirli, sopportarli per qualcosa che non c'è, che non c'era, che non ci sarà.

Stanco di essere un bravo ragazzo, di trattenere le parole, non parlare, non urlare, non insultare, non aggredire, discutere, acconciare, sistemare, non picchiare (non alzare le mani, giovanotto!). Non volere ciò che vuoi, non combattere per ciò che vuoi, non parlare con ciò che vuoi, non parlare di ciò che vuoi.

Stanco di tenere tutto dentro e sopprimere e comprimere, schiacciare, dimenticare... DIMENTICARE, e nel frattempo ricordare e rivivere e tornare a sanguinare, gocciolare, rosso e bianco, sangue e pavimento, niente altro negli occhi che ricordi di cose viste ieri e comprese oggi.

Stanco di non guardare, non parlare, non chiamare, non cercarmi, non lo fare, non si può, non è il caso, non sei tu, non ho voglia, non ti amo, non lo avevi capito?, non lo so, non lo dire, non esiste, non è tempo, non aspettare, non sperare (o sarai l'ultimo a morire).

Stanco di me, stanco di te, stanco di noi, ma quale noi? Stanco di un voi che non mi piace, stanco di essi che hanno goduto dello spettacolo senza pagare e sono usciti dal teatro senza applaudire.

Sono stanco di tutti gli aggettivi che ho elencato, di quelli che ho dimenticato, di quelli a cui non ho pensato, di quelli a cui hai pensato tu.

lunedì 16 marzo 2009

Ma 'ndo vai (se la banana non ce l'hai): cronaca di una morte annunciata (e di una resurrezione prospettata)

E' un attimo.

Inevitabilmente succede quando non te lo aspetti. Sei lì che ti godi il calore del sole pensando che forse si, forse finalmente sta arrivando la primavera e i prati stanno tornando a colorarsi di chiassose macchie di gente e forse il peggio è passato.


Poi però succede.

Ti fermi, i piedi inchiodati a terra, le gambe che sembrano pesare tonnellate, neanche fossero di piombo. Sciopero dei muscoli che non vogliono accondiscendere al desiderio di un cervello stanco e disperato, stressato e fin troppo stretchato, di allontanarsi il prima possibile, il più in fretta possibile.

In un attimo.

Il tempo di rendersi conto di chi sei e dove sei. Fare mente locale, focalizzare, vedo quel che vedo o è lo scherzo poco divertente di una mente sull'orlo di una crisi di nervi? Gli occhi saettano a destra e a sinistra cercando una via d'uscita alternativa che non c'è. Ormai ci sei dentro, una volta attraversate le forche caudine non c'è modo di voltarsi e tornare indietro. "E' una trappola, ragazzo, e tu ci sei cascato con tutte le scarpe!". E tu vorresti essere invisibile, al diavolo i sogni e le speranze di una vita, ora desideri unicamente essere Harry Potter, ti basterebbe anche essere solo un suo amico, perché se gli amici si vedono nel momento del bisogno ora hai un fottuto bisogno di quel fottuto mantello magico e di far finta di nulla;  invece invisibile non sei, occupi spazio, sei materia che si muove, carne, ossa, muscoli e nervi, cuore che batte così forte da pensare che chi ti sta intorno, sentendo il rumore di rullante, si giri a fissarti quando passi.

Farsi coraggio, che ci vuole?

Più semplice a dirsi che a farsi, ormai però sei stato individuato e agganciato, bersaglio (im)mobile, così facile da colpire che dopo un po' non dà neanche più soddisfazione. "Ormai è andata" pensi, "sii più indifferente che puoi, fai finta che non ci siano tutte queste persone... ma perchè non vanno a fare quello che devono fare?!?".

Un passo alla volta.

Senza fretta, e respira, accidenti! Tra i mille pensieri confusi ne spunta fuori uno, il più improbabile, e ti vedi mascherato come a Carnevale, uno schiaccianoci gigante capace di rompere una noce senza difficoltà tanto forte stai stringendo i denti. Assurdo? Si, ma almeno hai deviato l'attenzione e la tensione dalla situazione, mica poco!


E sorridi, santo Dio! Non sei mica a un funerale!!!

Vero, inserire tra le cose da fare nel prossimo secondo "stamparsi in faccia un bel sorriso". Ecco, così va bene... piuttosto forzato ma vista la situazione non ti si può certo chiedere di più. Vai ora, da bravo, saluta, sempre educato, pensa cosa direbbe mamma se sapesse che non ti comporti come ti ha insegnato.

Cammina, continua a camminare.

E stacca quegli occhi altrimenti tutta questa messinscena a cosa serve? Non guardare così, ti si legge come un romanzo giallo di seconda categoria, di quelli che sai già chi è l'assassino prima di leggerlo, a volte prima ancora di aprirlo! Dì qualcosa ma tieniti sul vago, anche se per la testa ti passa un'unica frase come se avessi attaccato alla fronte un display a led a scorrimento, "voglioandareviavoglioandareviavoglioandarevia!". Biascichi qualcosa del cui significato non sei del tutto convinto, che figura da cioccolataio!

Prima regola, non voltarsi indietro.

Anche se vorresti farlo, anche se le cose intelligenti da dire e quelle eclatanti da fare saltano su giusto un attimo dopo quello giusto. Non si torna indietro, stavolta no. Chiudi tutto a chiave, almeno due mandate grazie. Libera il pensiero, se oggi fà male domani ne farà meno. Torna fuori, lo vedi? Il sole è ancora lì.

giovedì 12 marzo 2009

Quando a non parlare con la gente inizi a pensare di essere pazzo

Ciao blog, come stai?
Certo che è da un bel po' che non ci si sente. Cosa hai fatto in tutto questo tempo? Te la sei spassata? Ti sei fatto leggere da mille persone? Da cento? Almeno da dieci, dai... no??? Scusami ma non riesco a crederti, sei un tipo così interessante! E poi sobrio, elegante. Ho visto che non hai più immagini nell'intestazione, hai ragione, questi siti di hosting non sono affidabili, una paio di mesi e ti cancellano tutto ma tu non ci pensare, troveremo un altro sistema e magari una nuova copertina.

Come sto io? Bene credo. In effetti è parecchio che non faccio un giro da queste parti, hai ragione, avrei dovuto farmi vivo ma non me la sentivo e se proprio vuoi saperla tutta non so neppure il perché. Eppure abbiamo sempre avuto un bel rapporto. Sai, forse il problema è che ti ho raccontato troppo quando tutto era troppo intenso e ora che mi sento... come dire... svuotato, mi sembrava così banale tornare e parlarti del tempo, o della crisi, o magari di qualche partita di calcio. Io e te siamo abituati a conversazioni molto più profonde e non volevo sminuirti.

Però è da un po' di tempo che mi sento pensieroso, le solite cose, lo sai. Troppo spesso mi capita di avere un approccio anche eccessivamente cerebrale a quel che mi succede e questo è il risultato. Credo che il problema sia che ho tagliato i ponti con buona parte delle persone che mi stanno attorno e più mi comporto così più mi rendo conto di non avere voglia di comportarmi diversamente.

Non parlo di me, non più. Farlo significherebbe ricominciare ad esporsi ed io non voglio farmi male di nuovo. Non c'è neppure bisogno di dire che tu rappresenti una eccezione, sei forse l'unico con cui sono sempre stato sincero, enigmatico a volte, a volte evasivo ma sincero.

Ti dico qualcosa che so non ti piacerà sentire: mi sforzo di far finta che non sia così, come quando pensi tanto intensamente a qualcosa da convincerti che sia vera, ma al passato ci penso ancora. Immagino dipenda dal mio assurdo modo di essere, da questo continuo sperare che ad ogni minuto, ad ogni secondo che passa le cose possano cambiare. Non sono capace di costringermi a smettere di sperare anche se dovrei.

Così da una parte penso alle sere che sono stato bene e a quelle in cui sembrava tutto sbagliato e inutile e fuori luogo e insensato e dall'altra mi domando ancora perché. C'è di buono che ora riesco a vedere che non sempre sono stato trattato come merito eppure questo non mi consola. Non provo rabbia, questo no, solo una gran tristezza.

Ecco, lo sapevo che avresti disapprovato. Dai, non fare così, le cose cambieranno. E non c'è bisogno di sottolineare che te l'ho detto mille volte senza che poi ci siano stati evidenti rinnovamenti! Facciamo così, prometto di passare un po' più spesso e di iniziare a scavare, che da qualche parte sono sicuro di avere ancora qualche semino di volontà.