venerdì 7 marzo 2008

La casa dei miei sogni

Passeggiava senza una meta. Era uscito di casa quando il calore aveva iniziato a essere insopportabile. Una maglietta, un paio di pantaloni, vestiti scelti a caso pescando nell'armadio quasi alla cieca, in obbedienza all'impulso primordiale che ora lo spingeva in cerca di refrigerio. Speranza vana! Su tutta la città era calata una cappa che strangolava qualsiasi essere vivente costringendolo alla disperata ricerca di una fontana o di una qualsiasi altra fonte d'acqua fresca. Gli unici che non sembravano risentire del clima torrido erano i moscerini. "Ce ne sono a milioni" pensava, "presto diventeranno loro i padroni della terra, altro che i cinesi!". Avrebbe voluto tornare indietro ma pensò che dal momento che ormai era fuori tanto vale sgranchirsi un po' le gambe.

Nonostante le ore più calde fossero ormai passate il sole picchiava ancora forte, secondo i metereologi l'ondata di afa sarebbe proseguita ad oltranza, una vera manna per i gelatai e i venditori di bibite fresche che si erano riversati per le strade per lucrare sul sudore altrui. "Se fossi presidente la mia priorità sarebbe garantire gelati gratis per tutti durante l'estate" borbottava tra sé e sé. Il cielo era di un blu limpido e uniforme, macchiato appena dalle prime sfumature di tramonto all'orizzonte. Di quando in quando una scia bianca ne rompeva la monotonia ricordandogli che anche se quggiù tutto sembrava immobile il mondo continuava a correre senza sosta.

Era passata poco più di mezz'ora ed era già madido di sudore, iniziava a pensare che quella camminata fuori programma fosse stata una delle idee meno brillanti degli ultimi tempi, e Dio solo sa se non ne aveva avute di davvero balzane! D'improvviso, svoltato un angolo si trovò davanti una singolare villetta; non era niente di eccezionale, costruita su tre piani e affiancata a casermoni che la sovrastavano a destra e a sinistra sembrava quasi scomparire. Eppure se ne sentiva attratto. "Saranno i colori" si disse, "sembra così vivace, accogliente, specie paragonata alla monotonia dei dintorni. E poi ha delle finestre belle grandi, l'interno deve essere meravigliosamente luminoso".

Si spinse fin sulla soglia, pochi gradini conducevano alla porta d'ingresso. Quasi senza accorgersene si era avvicinato al campanello, improvvisamente curioso di vedere se la casa fosse abitata o meno. "Che strano, non c'è nome", mentre diceva così un refolo d'aria gli sfiorò il viso. Rimase sorpreso dal constatare che la porta era aperta ed incerto su come comportarsi ma alla fine quel miraggio di frescura ebbe la meglio e si decise ad entrare: "solo pochi minuti" continuava a ripetersi, "del resto se non ricordano neppure di chiudere io che colpa ne ho? E poi non mi pare che ci siano mobili all'interno, probabilmente non ci abita nessuno".

Convintosi, a torto o a ragione non sta a noi giudicarlo, che non c'era niente di male nell'introdursi in una casa aperta, entrò e la prima cosa che notò fu la sensazione di sollievo per essersi sottratto alla strada bollente. Dopo essersi beato per un po' del piccolo nirvana conquistato iniziò a guardarsi intorno. Non si era sbagliato, le tante finestre lasciavano che la luce conquistasse ogni angolo. Anche se non era ammobiliata, si intuiva che chi aveva realizzato quell'appartamento doveva avere un certo gusto: pavimento in parquet, rifiniture lungo tutti i muri, archi tra i pilastri. Una cosa lo colpì più di tutte, una piccola stanza vuota, con a terra ancora i segni nella polvere dei mobili che l'avevano arredata e soprattutto con una meravigliosa vetrata che affacciava sulla strada da cui era venuto. Si ritrovò a pensare che in un certo senso quelli erano gli occhi della casa e se è vero che dagli occhi puoi capire tutto quel che conta allora era finito in un'abitazione stupenda.

Quel posto iniziava a piacergli sempre più; decise di salire al piano di sopra. Affrontata la scalinata si ritrovò in quella che evidentemente doveva essere la zona notte: alle pareti era rimasto qualche poster ingiallito dal tempo, gli U2, Jim Morrison, un tizio dai capelli biondi e l'aria  vagamente familiare... un calciatore forse, certo è che guardando il suo sorriso ebete pensò che non dovesse essere certo la persona più sveglia del mondo e si chiese, per l'ennesima volta, come certe ragazze potessero essere affascinate da persone così scialbe. Sentì a pelle, una percezione aldilà del cosciente, che quelle mura erano, come dire, "accoglienti". Si sentiva come se fosse tornato in un posto che conosceva bene, le stanze colorate, i segni di un passato abbastanza prossimo, tutto contribuiva a dargli l'idea di familiarità.

Ormai iniziava a farsi tardi, se ne rese conto vedendo sui muri la sua ombra allungarsi sempre più rapidamente, ma non voleva andare via senza dare un'occhiata anche all'ultimo piano. Quello che trovò una volta salito lo lasciò senza parole: si trattava di una piccola mansarda ricavata nel sottotetto e che probabilmente in precedenza era stata uno studio; c'erano una scrivania, alcuni fogli bianchi sparpagliati qua e la, una sedia e appena sopra tutto questo una sorta di oblò dal quale a causa di qualche strano miracolo di coincidenze (ma erano veramente tali o non era forse stato tutto studiato?) attraverso un varco tra i palazzi si intravedeva il cielo. Si sedette e rimase a guardare per qualche minuto quell'angolo blu circondato dal cemento dei palazzi che gli facevano da cornice. Pensava al luogo in cui si trovava, bello, caldo, accogliente, il posto che vorresti trovare per mettere su una famiglia. Si riscosse quando si accorse che ormai rosso del tramonto iniziava a tingersi di viola e le prime stelle baluginavano timide.

Si sentiva soddisfatto, se non addirittura felice. Si affrettò a tornare fuori con un sorriso idiota stampato in faccia quando, nello scendere le scale dell'ingresso si senti apostrofareda una voce femminile: "Lei, hei dico a lei! Che cosa ci faceva dentro questa casa?". La donna sembrava spazientita, ma non spaventata, nè tantomeno preoccupata. Tailleur elegante, acconciatura e trucco semplici ma curati, doveva essere un agente immobiliare, ipotesi confermata, o meglio originata, dall'averle visto tra le mani un cartello con su scritto "VENDESI".
"Mi scusi" le rispose sentendosi avvampare le guance, e stavolta non per il caldo, "è solo che questa casa è così... affascinante... ho visto la porta aperta e non sono riuscito a resistere alla tentazione di entrare". Il volto della donna si rasserenò e si aprì in un sorriso mentre lui considerava che a ben guardarla non era niente male!
"La capisco" disse lei, "in effetti anche a me questa casa piace molto ma il precedente proprietario ha deciso di venderla. A quanto mi ha detto non ci si trovava più bene e dunque eccomi qui, alla ricerca di un compratore".
Lui rimase in silenzio qualche secondo, sentiva che stava per fare qualcosa senza stare a rifletterci troppo, d'istinto, come gli succedeva suo malgrado fin troppo spesso, anche se mai per scelte così impegnative. Alla fine parlò: "Signorina, le dirò una cosa che potrebbe stupirla ma le assicuro che sono serissimo, non ha più bisogno di cercare, sono io il suo acquirente!". La ragazza, in verità non troppo sorpresa, gli sorrise e prese appuntamento per l'indomani per iniziare a sbrigare le pratiche e lui, beh, che dire... lui si era innamorato pazzamente di quelle mura, era stato un vero e proprio colpo di fulmine, aveva trovato la casa dei suoi sogni e vi si trasferì già il giorno seguente.

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